Verso un modello di “energia condivisa”

La campagna lanciata da Global Disinvestment Mobilisation e il prossimo G7 dell'Ambiente ci interpellano: quale sistema di produzione e distribuzione delle risorse energetiche vogliamo per il futuro?

La Global Disinvestment Mobilisation (https://globaldivestmentmobilisation.org/)  ha lanciato una campagna internazionale per uscire dall’uso delle energie fossili. Per porre fine alla causa principale del riscaldamento globale si chiede di disinvestire dalle aziende legate alla produzione, trasformazione e distribuzione delle fonti fossili. La campagna ha già raccolto oltre 700 investitori finanziari istituzionali che insieme muovo una massa finanziaria che supera i 5 mila miliardi di dollari.

Recentemente il mondo dell’associazionismo cattolico ha aderito a questa campagna internazionale. Le notizie di stampa riportano che attualmente oltre 27 associazioni, movimenti o diocesi hanno firmato l’appello che chiede di disinvestire dal petrolio e dal carbone. Tra le associazioni cattoliche si trovano la Comunità Monastica di Siloe, la Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita e i Gesuiti italiani.

L’iniziativa giunge dopo che è stato certificato che il 2016 è stato l’anno più caldo della storia, superando il record del 2014 e 2015. Ma soprattutto è stata la spinta profetica di papa Francesco che nella enciclica Laudato si’, di due anni fa, scrive: «Numerosi studi scientifici indicano che la maggior parte del riscaldamento globale degli ultimi decenni è dovuta alla grande concentrazione di gas serra [..] emessi soprattutto a causa dell’attività umana. [..]. Ciò viene potenziato specialmente dal modello di sviluppo basato sull’uso intensivo di combustibili fossili, che sta al centro del sistema energetico mondiale» (n. 23).

L’iniziativa è anche l’occasione per prepararsi al prossimo G7 dell’Ambiente che si terrà a Bologna dal 10 al 12 giugno per la quale la Conferenza Episcopale Italiana ha promosso un incontro sul tema della finanza e lo sviluppo ecocompatibile.

Il punto davvero importante nella transizione all’uso delle fonti rinnovabili sta nel come funzionerà l’infrastruttura per l’approvvigionamento e la distribuzione delle nuove energie – se secondo la logica condivisiva che produce beni comuni, o la logica acquisitiva che produce beni privati. La prima si fonda sulla messa in comune dei beni che si hanno la seconda si fonda invece sulla proprietà privata dei beni.

L’alternativa è tra una infrastruttura energetica controllata dagli interessi delle imprese, verticista e centralizzata, legata al vecchio modello capitalistico; o invece una infrastruttura a controllo democratico, distribuito, aperto, fondato sul principio della condivisione, in cui una nuova figura, i prosumers, diventano un modello di finanziamento capace di ottimizzare la creazione e il funzionamento della nuova infrastruttura.

Grazie alle nuove tecnologie il modello di mercato privato ha un livello di efficienza economico più basso rispetto al modello energetico fondato su una logica di produzione, distribuzione e consumo fondato sulla governance dei beni comuni.

Più che sul piano finanziario (anch’esso cruciale), la vera battaglia è sul campo del modello della cultura organizzativa su cui organizzare la nuova produzione energetica.

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