Verso le elezioni in Indonesia

Il prossimo mese si andrà a votare nel più grande Paese musulmano del pianeta. Gli elettori dovranno scegliere tra Prabowo Subianto, un ex generale delle forze speciali e genero dell’ex presidente Suharto, e Joko Widodo, ex sindaco della città di Solo e governatore di Jakarta. Dal nostro corrispondente
Joko Jokowi Widodo

L’Indonesia, il paese con la popolazione musulmana più numerosa al mondo, si sta preparando alle elezioni presidenziali del prossimo 9 luglio. Il Paese è ricchissimo di materie prime ed è in costante crescita economica, anche se in realtà a godere di questo trend positivo sono soprattutto le fasce medio-alte della popolazione. Infatti, nonostante l’indubbio progresso degli ultimi anni, la maggioranza della gente, soprattutto nelle aree rurali, vive appena al di sopra della soglia di povertà. Eppure, il clima economico positivo dà speranza anche ai più poveri, che tengono duro – e non si ribellano – affidandosi al sogno di un futuro migliore.

Il paese deve affrontare la crescita del fondamentalismo che minaccia i secolari equilibri tra le religioni presenti nel Paese ed il rischio di un inasprimento dell’intolleranza nei confronti delle minoranze religiose. Il caso riguarda i cristiani (i cattolici sono circa al 3 per cento, mentre i protestanti si attestano attorno al 7 per cento), ma soprattutto le sette islamiche considerate devianti, come gli Ahmadiyah e gli Sciiti. L’attuale governo si è dimostrato molto debole, se non addirittura prono ad appoggiare i gruppi fondamentalisti, garantendo una certa impunità nei confronti delle frangie più violente.

Le elezioni del prossimo mese vedranno la scelta tra due soli candidati. Il primo è Prabowo Subianto, un ex generale delle forze speciali e genero dell’ex presidente Suharto. È un uomo del vecchio regime, accusato da più parti di essere implicato in diversi episodi di violazione dei diritti umani, sia a Timor Est che a Jakarta. Nella capitale le accuse riguardano il rapimento di attivisti antigovernativi e nella sanguinosa repressione delle manifestazioni che hanno portato alla caduta di Suharto nel 1998. I disordini sono poi degenerati in guerriglia urbana, apparentemente pianificata, che in pochi giorni ha prodotto un migliaio di vittime e quasi 500 casi di violenza sessuale, soprattutto contro donne di etnia cinese. Questi fatti non sono stati ancora chiariti e Prabowo si difende proclamandosi vittima di accuse che lo infamano ingiustamente, o al più dichiarando di aver obbedito ad ordini superiori. Nella coalizione che appoggia Prabowo c’è il vecchio partito di Suharto. Ma soprattutto c’è l’appoggio di alcuni partiti islamici e gruppi fondamentalisti sicuramente implicati in casi di intolleranza religiosa. D’altra parte Prabowo si propone come l’uomo forte e capace. Sembra favorevole ad una riduzione della dipendenza dagli investimenti esteri e alla privatizzazione delle imprese. Ha probabilmente l’appoggio dei poteri che contano, oltre che di parte delle forze armate.

Il suo antagonista è Joko Widodo (nella foto) ex sindaco della città di Solo, a Giava Centrale, e governatore di Jakarta. Si presenta come un uomo deciso, apparentemente non legato ai gruppi di potere, libero dalla corruzione ed efficace nella ricerca di soluzioni concrete per i problemi sociali. Finora si è dimostrato aperto alla tolleranza religiosa ed in difesa delle fasce deboli della popolazione. Apparentemente, sembra il candidato migliore, un uomo adatto a mantenere vivo il processo di democratizzazione che, faticosamente, si sta svolgendo nel paese. Tuttavia anche lui non sembra convincere del tutto. È infatti appoggiato da un partito che, finora, non si è distinto nella difesa dei diritti delle minoranze religiose. Sta poi conducendo una campagna eccessivamente appoggiata ai media, che lo promuovono nella sua immagine di persona pulita, semplice, vicina alla gente, ma danno invece poco rilievo al suo programma politico. Inoltre, tra i suoi sostenitori ci sono un certo numero di generali, forse antagonisti di Prabowo, ed altri gruppi di potere che sicuramente, in caso di vittoria, chiederanno il conto per il loro sostegno al presidente. La sfida è quindi quella di vedere se Joko Widodo sarà in grado di tenere le redini del comando, o se dovrà scendere a compromessi con chi lo ha sostenuto. Essendo una persona di scarsa esperienza politica a livello nazionale ed internazionale, non si può nascondere che tali dubbi siano fondati.

Dopo tre decenni del potere duro di Suharto e la successiva fase di democratizzazione, si ha l’impressione che queste elezioni saranno un ulteriore punto di svolta per il paese. Si tratta ora di consolidare il processo di democratizzazione o, al contrario, di affidarsi ad un governo forte che garantisca stabilità, nazionalizzazione delle risorse e crescita economica. Il popolo indonesiano è chiamato a ponderare la propria scelta con maturità, cercando di liberarsi dai condizionamenti di una campagna elettorale che sta spesso facendo leva su elementi emotivi e sulla diffamazione del rivale politico, per un futuro che sia davvero per il bene di tutti.

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