Verso l’affido condiviso
Continua la sua corsa il progetto di legge (approvato con alcune modifiche rispetto alla bozza precedente dalla Camera il 7 luglio u.s. ed ora all’esame del Senato) in materia di separazione dei genitori (nella precedente stesura del progetto si parlava di separazione dei coniugi) e affidamento condiviso dei figli. È chiara l’intenzione degli estensori del progetto di collocare nell’ambito del suo campo di applicazione in primo piano l’interesse del minore e dei figli in generale. Lo si desume da una serie di disposizioni, sparse qua e là nel progetto stesso, come quella per cui il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi [ndr. genitori], di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale o l’altra per la quale i provvedimenti relativi alla prole sono adottati dal giudice che pronuncia la separazione con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Così pure gli accordi intercorsi fra i genitori potranno essere presi in considerazione dal giudice solo ove non risultino contrari all’interesse dei figli; a questi poi, se maggiorenni e non indipendenti sul versante economico, potrà spettare un assegno periodico, da corrispondere direttamente. E proprio nell’ottica del rafforzamento della tutela primaria degli interessi dei figli, si spiega il tentativo di tradurre in un testo di legge l’importanza dell’affidamento condiviso, e cioè di una partecipazione quanto più paritaria di ciascuno dei genitori nella difficile arte di costruire e coltivare insieme il rapporto esistenziale con i figli. Ciò infatti di cui questi hanno bisogno non è (solo) un rapporto funzionale ed efficiente con ciascuno dei genitori, ma con entrambi: hanno bisogno di fondare, anzi, quel rapporto su quello stesso che i genitori (pur separati) innanzitutto siano capaci o tentino almeno di costruire o (ri)costruire tra loro. Circostanza, questa, come è intuibile, ancor più difficile da realizzare quando l’intesa coniugale è incrinata, se non definitivamente tramontata. Ecco perché il progetto in commento è senz’altro pretenzioso, mira in alto, ponendo come esigenza fondamentale e pietra miliare fondante di ogni vicenda coniugale e familiare attraversata dalla dolorosa esperienza della separazione dei genitori il raccordo tra la vita di ciascuno di essi e i loro figli, cercando di trovare le forme ritenute più idonee a renderlo quanto più vitale e continuo possibile. In questa direzione si spiegano le disposizioni del progetto che stabiliscono la necessità della valutazione prioritaria da parte del giudice della possibilità di un affido a entrambi i genitori (salvo che questo non risulti contrario all’interesse del minore), l’esercizio preferibilmente in via congiunta della potestà genitoriale e l’assunzione di comune accordo delle decisioni di maggiore interesse per i figli in relazione a istruzione, educazione, salute. E fors’anche in questo ordine di idee si capisce perché mai gli estensori del progetto abbiano ipotizzato che causa di perdita del diritto al godimento della casa familiare (assegnata ad uno dei genitori) sia – oltre la cessazione della coabitazione abituale con i figli – l’instaurazione da parte del genitore assegnatario di un rapporto di convivenza more uxorio o la celebrazione di un nuovo matrimonio. Certo, si potrà obiettare che non sempre i figli della famiglia originaria potranno mostrarsi contrari o ostili nei confronti di quella nuova formata da uno dei genitori con un nuovo partner e che quindi sembra esagerato prevedere che il nuovo rapporto affettivo instaurato dal genitore assegnatario ne determini per ciò stesso la decadenza dal godimento della casa. Ma in effetti, se ciò può anche essere vero occasionalmente, con la riforma legislativa in commento si è dovuto pur individuare una regola di carattere generale e la scelta degli estensori del progetto è caduta ancora una volta sulla tutela privilegiata dell’interesse dei figli – ed in particolare di quelli minori. E nell’economia di questa tutela – da attuare anche attraverso la gestione di un rapporto educativo, affettivo e formativo dei genitori con i figli stessi quanto più coerente, stabile e coordinato possibile – è evidente che il venir meno della coabitazione (proprio) del genitore assegnatario o l’apertura di questi a nuovi rapporti affettivi con soggetti estranei al nucleo originario di appartenenza dei figli possono integrare circostanze che certo non favoriscono in modo sistematico l’attuarsi pieno e completo di quella tutela. Ancora una volta, però, al di là dei dettami di una legge che può essere solo astratta e generale e di cui pure è importante la emanazione, saranno i concreti protagonisti delle vicende familiari segnate dalla problematica esperienza della separazione e/o del divorzio a rendere effettiva la tutela degli interessi dei figli, se lo vorranno. Cioè, come sempre, i mezzi (la legge) potranno essere utilmente impiegati solo se correttamente adottati per il perseguimento comune degli stessi fini (la tutela dei figli).