Verso il concilio panortodosso
Risultati incoraggianti dalla visita di Bartolomeo I in Russia. Si profilano intese ecumeniche importanti.
Si è conclusa in tono maggiore la visita del patriarca di Costantinopoli nelle terre russe. Un frutto che già si intravede è la possibilità di convocare un concilio pan-ortodosso in un futuro ormai prossimo, se possibile già nel 2011. Prima di lasciare San Pietroburgo, ultima tappa del suo viaggio in Russia, il patriarca Bartolomeo I ha confermato ad un canale televisivo che era stata presa la decisione di «accelerare il processo di convocazione del concilio di tutte le Chiese ortodosse», che dovrà avere «il più grande significato per tutto il mondo ortodosso». Il patriarca ha riferito anche che i temi da trattare sono «già conosciuti dalla comunità ortodossa».
Dieci giorni è durato il viaggio del patriarca ecumenico di Costantinopoli. È cominciato a Mosca e lo ha portato in alcuni dei luoghi più venerati della ortodossia russa, come il monastero della Trinità di San Sergio, a Sergiev Posad, e al monastero di Valaam, in un’isola della repubblica della Carelia, partecipando a liturgie di festa e ad incontri ufficiali. Il viaggio era la risposta alla visita fatta dal patriarca russo Kirill I a Costantinopoli, nel luglio dello scorso anno, e nelle intenzioni doveva diventare un chiaro segno dei nuovi rapporti tra le due Chiese. Non è un segreto che, nei passati decenni, vi fossero stati momenti molto tesi tra Mosca e Costantinopoli, il patriarcato più grande e quello più antico. Il momento forse più critico si registrò allorché Mosca cessò di nominare il patriarca di Costantinopoli nelle liturgie, come reazione alla vicinanza di Bartolomeo I alla Chiesa ortodossa dell’Estonia. Le tensione tra i due patriarcati hanno nei fatti impedito il progresso della preparazione del concilio panortodosso. Ora, questi tempi di tensione sembrano del tutto superati.
«Sono felice che ad ogni incontro noi ci avviciniamo sempre di più l’uno all’altro», ha dichiarato da parte sua il patriarca Kirill I, al termine della liturgia concelebrata nella basilica di Sant’Isaaco a San Pietroburgo, sottolineando che «la santità e la pienezza dell’ortodossia superano ogni dissenso». Bartolomeo ha, comunque, ricordato in varie occasioni che la Chiesa di Costantinopoli è «la madre». «Da quando la Russia ha preso da Costantinopoli il suo battesimo ed il Vangelo, ha dato alla Chiesa molti santi, venerabili, confessori, testimoni sapienti e nuovi martiri», ha dichiarato Bartolomeo I nel suo saluto finale.
Alcuni osservatori hanno fatto notare che l’avvicinamento è un imperativo del momento attuale. «Ambedue i patriarchi capiscono benissimo che nel mondo attuale, che decisamente sta perdendo la fede, il cristianesimo potrà sopravvivere solo ricreando l’unità di una volta», scrive ad esempio il giornalista Boris Falikov, e sottolinea che non si riferisce solo alla ortodossia, visto che «sulla scena si intravede anche la figura del papa». E aggiunge: «Senza la creazione di un unico fronte cristiano, la lotta contro il “secolarismo aggressivo” è irrimediabilmente persa». Ma ricorda che in tutti e due i patriarcati si possono ancora trovare settori con «atteggiamenti fondamentalisti» che vedono nell’ecumenismo solo «intrighi del diavolo».
«Ho incontrato una Russia del tutto diversa», ha commentato il patriarca di Costantinopoli alla televisione. Lo si capisce: l’ultima vera visita era avvenuta nel 1993, dato che in occasione del funerale di Alessio II, Bartolomeo si era trattenuto per pochissimo tempo. Il patriarca ha sottolineato i progressi nella fede «che si è diffusa» senza che il popolo «senta nessuna paura e nessun motivo di nasconderla». Da parte di Bartolomeo I c’è stata una richiesta speciale: di inserire nel programma un momento di preghiera sulla tomba di Fjodor Dostojevskij ed su quella Pjotr Tchaikovskij. Un segno che nell’unità della Chiesa è presente anche l’apertura al mondo.