Verso gli ottavi

Si è chiusa la fase eliminatoria dei Mondiali di Russia 2018, che entreranno nel vivo con gli ottavi di finale, scontri a gara unica con eliminazione diretta fino a che, come si dice in gergo agonistico… ne resterà soltanto una

Come crolla la Germania…

Non mancano botti e sorprese, tra i quali non possiamo non ricordare la clamorosa uscita di scena dei campioni del mondo in carica tedeschi. Non farebbe poi tanto rumore sul piano tecnico, viste le lacune mostrate sul piano della manovra offensiva dai “panzer”, ma lo fa per le aspettative e gli eccessi di sicurezza mostrati alla vigilia, nei toni e nelle scelte. Mister Loew ha riproposto praticamente in blocco la rosa campione in Brasile nell’ultima edizione 2014, un errore strategico che ha illustri precedenti di eliminazioni precoci simili per le squadre campioni in carica: la nostra Italia nel 2010, la Spagna nel 2014, ora la Germania. Cambiare si deve, dopo qualche anno, soprattutto quando si può: mister Loew, ad esempio, si è permesso troppo ambiziosamente di fare a meno per scelta tecnica di alcuni astri nascenti germanici, tra i quali, su tutti, Leroy Sané, funambolica ala di sangue senegalese in forza al Manchester City di Guardiola. Non è tutto: alcuni illustri ed influenti ex giocatori della nazionale tedesca battuta nel 2006 in semifinale dalla nostra Italia, poi laureatasi campione del mondo, su tutti Ballack e Schweinsteiger, non avevano perso occasione per irridere con post pubblici il nostro paese, eliminato da quella Svezia che, ironia della sorte, accederà invece proprio al loro posto agli ottavi di finale. Senza umiltà, non c’è forza che tenga.

 

La forza della correttezza… e dei calcoli

Altra sorpresa, altra chiave di lettura: il Giappone di alcune conoscenze del calcio milanese, come Nagatomo (già interista) e Honda (già milanista), si spinge dove osano le grandi: agli ottavi, affronterà il Belgio forse più forte della propria storia calcistica e candidato ad arrivare ai vertici della rassegna, ma intanto può contare sulla soddisfazione di trovarsi di fronte all’armata belga per motivi di correttezza in campo: il girone H, vinto con merito dalla Colombia, vede i nipponici perfettamente a parità di punti e di gol fatti e subiti con il Senegal: in questo caso, vale allora secondo il regolamento il minor numero di cartellini. Essendo 6 per gli africani, due in più del Giappone, per la prima volta ai Mondiali una squadra si qualifica grazie al “fair-play”: un inedito che ristabilisce la centralità dell’arbitro e della sua discrezionalità, nell’era della Var al Mondiale, anche se la storia scritta a Volgograd, in una partita persa contro la Polonia 1-0, ha regalato anche momenti grotteschi, con gli ultimi minuti di non-gioco atti a evitare di subire sanzioni disciplinari o una seconda rete, tra i fischi di tutto lo stadio e una notevole dose di rischio.

 

Mal d’Africa e… di direzione tecnica

Niente Africa nel tabellone degli ottavi: grande forza atletica, qualche buon giocatore ma poca organizzazione tattica e una certa fragilità mentale le caratteristiche riscontrate in un mondiale da dimenticare per il continente nero, con buona pace del Senegal del “napoletano” Koulibaly e del talento del Torino, Niang, e della Nigeria che aveva sperato fino a 4 minuti dalla fine dell’ultima partita contro l’Argentina nella qualificazione. Dal canto loto, gioiscono i sudamericani, alle prese però con un ammutinamento interno andato in onda in mondo visione, con tanto di foglietto di schemi e nomi da schierare sul campo, sottoscritti da Mascherano a nome di Messi ed altri “senatori”, consegnato al ct Sampaoli, estromesso di fatto dalla guida effettiva dopo i primi due incontri che hanno visto l’Argentina pareggiare 1-1 con l’Islanda e soccombere per 3-0 contro la Svezia.

 

Il premio alla battuta

Dopo avere visto all’opera una Costa Rica non certo esaltante, un giornalista russo ha chiesto al mitico Pelé, in tribuna: “pensa che la nazionale brasiliana del ‘70 avrebbe vinto oggi contro la Costa Rica?” “Certamente: 1-0”, risponde l’ex campione. “Solo 1 a 0?” riprende il collega.
“Sì, la maggior parte di noi ormai ha più di 75 anni”, la replica di un intramontabile “O’rey”.

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