“Vermiglio” e “Thelda”, storie del passato e del presente

In sala “Vermiglio”, Leone d’argento a Venezia sulla guerra del’40 e “Thelda”, vicenda di una anziana sorprendente
La regista Maura Delpero (al centro) con il cast e i produttori alla prima di "Vermiglio" durante il Festival di Venezia, 2 Settembre 2024. ANSA/ETTORE FERRARI

Un borgo tra i monti dove il tempo scorre piano e veloce tra boschi, masi, stalle con galline e mucche, il ritrovarsi al bar a giocare a carte, la messa domenicale, i primi amori e le morti dei bambini, le processioni religiose, i canti delle nozze, freschi di semplicità. È un paesaggio dell’anima prima che dei corpi e della natura il bellissimo, poetico film di Maura Delpero, Vermiglio, parlato in dialetto trentino stretto e interpretato da attori di razza come Tommaso Ragno e Sara Serraiocco ma anche da gente del luogo.

Film poetico, ma non nostalgico. Non è un documentario né una fiction, semplicemente e realisticamente un racconto di vita. Una vita del passato, fatto di una società patriarcale, con il maestro autoritario – anche con i figli a scuola – che però ama Chopin e Vivaldi, che ha una numerosa famiglia dove i figli vengono uno dopo l’altro, le femmine sono obbedienti e sottomesse al padre che ne destina il futuro: una andrà in collegio a studiare, un’altra si farà suora, un’altra ancora sposa un soldato siciliano vivendo però il dramma – scandalo nel paese – di scoprine il passato…: cose di guerra, con i figli che tornano dal fronte sbalorditi e “non sono più quelli di prima”.

La guerra: si sente passare “Pippo” ovvero gli aerei, ci si spaventa ma il conflitto tocca solo di lato il paese con le stagioni – esaltate da una fotografa ispirata – che si alternano armoniosamente, il dolore vissuto con dignità, la religione severa e consolatoria, e tanta voglia di vivere a contatto: uomini, natura, animali.

Non c’è un protagonista unico, nemmeno il maestro, ma è un film corale fatto di brevi episodi che si susseguono con misura, ogni personaggio è sé stesso con equilibrio, i sentimenti sono belli e puri: il primo bacio, la scoperta del sesso, l’amicizia, i parchi gesti di tenerezza del cipiglioso maestro alla moglie che gli dà un figlio dopo l’altro.

Un film sulla vita, raccontato con sobrietà, in un clima da Albero degli zoccoli – dicono –, però anche diverso, misurato, e anche candido e fremente nel mondo dell’infanzia e della giovinezza. La regista sensibilissima, attenta alle piccole cose, ai drammi e alle gioie, firma un gioiello che non è nostalgia. È il rivivere un altro tempo, una vita “altra”, dura ma sostanzialmente sana, vibrante, senza eccessi. Una lezione di cinema, che non è dialettale ma poetico, cioè universale. Da non perdere.

L’attrice June Squibb. Ansa EPA/ALLISON DINNER

Thelma, diretto da Josh Margolin e interpretato in modo strabiliante dall’anziana June Squibb (94 anni!) è un inno alla vecchiaia. Vissuta non badando troppo agli acciacchi che le impedirebbero di essere libera e felice, seguita con amore dallo sprovveduto e incerto nipote Daniel, e tranquilla nella sua casa bella e ordinata, pensando all’amore della sua vita, ormai defunto. Una vecchiaia non imbruttita o vanesia, ma lieta e decisa. Così, quando diventa vittima di una truffa telefonica, non si dà pace e terrorizzando i familiari perché scompare, riesce a trovare i truffatori…

Brillante, godibile, recitato benissimo, il film è un canto libero alla vecchiaia come un tempo dove il rapporto nipote-nonna diventa affettuoso e bellissimo, dove la vita può riservare sorprese, nonostante tutto. Ossia, la vecchiaia non è la fine della vita, ma forse un nuovo inizio. Sarà così?

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