Vermeer: la magia del quotidiano
Dipinge piccole tele, le cura con meticolosità, con pennellate lenticolari, sparge una luce trepida e racconta la vita di ogni giorno. È l’arte di Jan Vermeer, sposato, undici figli e tanti debiti quando muore. Ma la delicata sensibilità di ogni suo quadro è un miracolo di intimità e di freschezza. È un pittore di donne, per lo più. Giovani e mature, mai vecchie. C’è la Donna in casacca blu che legge una lettera di fronte alla finestra (che non si vede, ma si “sente”), persa nella concentrazione di chissà qual messaggio.
Le finestre ci sono molto spesso nelle opere di Jan: filtrano una luce limpidissima che quasi ci trasporta in una dimensione senza tempo. Si direbbe che Vermeer ha la capacità con la luce di fermare l’attimo e di renderlo eterno. È una epifania. Nella Donna con la collana di perle (Berlino, Staatlische Museen), il piumino per la cipria ci parla di una ragazza naturalmente vanitosa – un simbolo forse morale, che deriva al pittore dalla frequentazione con i gesuiti – oppure semplicemente di una bellezza fresca e bionda che vuole piacere a qualcuno.
E cosa dire della Fanciulla col cappello rosso (Washington, National Gallery) e la giacca blu che ci guarda sorpresa? Che naturalezza, che vita in una piccola tela brillante di colore. Pare che nell’arte di Vermeer non ci sia posto per l’ombra, per il dolore. Anche nelle Vedute come quella della sua città, Delft, dove le case si specchiano nell’acqua sotto un cielo nuvoloso: una bellezza tranquilla, semplice. Perciò affascinante.
Come la celebre Ragazza con l’orecchino di perla (L’Aja) in giallo e blu. L’occhio grande è vivo, lucente, cerca una intesa, forse sta per parlare senza parole. Vermeer sorprende con il silenzio, lo rende una “persona”, in un’epoca dove ad esempio Rubens parla, fin troppo.
Poeta del quotidiano, Vermeer incanta con la Veduta di Delft: una strada, una casa di mattoni, una donna che cuce sulla soglia, un’altra che pulisce. L’ordinario che si fa poesia, la sacralità del lavoro. Ecco allora la Lattaia che versa il latte nella brocca all’interno di una stanza con una solennità involontaria che il pennello avvolge di un senso di religiosità. Una religione appunto della calma, del lavoro, mai ripetitivo per Jan perché delicatamente perso nella luce, nel colore morbido e caldo.
Fino a quella meraviglia che è la Merlettaia del Louvre. Una visione quasi trascendente – senza volerlo – della femminilità bella e operosa, della meditazione sul lavoro e sulla bellezza resa con la magia di uno sguardo che è partecipe, commosso. Sorella delle altre donne di Vermeer che suonano o cantano, ma sempre raccolte nell’intimità. Scorre una gioia segreta nelle tele di Vermeer, quella di chi ogni attimo non ha paura di porsi con un sentimento delicato, libero e silenzioso. È la magia di Vermeer. Fino al 4 giugno.
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