Una verità per la vita
Storia personale e storia di un intero popolo, fede personale e teologia, si intrecciano in questo dialogo di sua beatitudine Sviatoslav Shevchuk, attuale arcivescovo maggiore e presidente del Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina, con Paolo Asolan, professore all’Università Pontificia Lateranense in Roma e incaricato della formazione del clero.
La fede vi appare come un incontro con la persona di Gesù Cristo e la sua declinazione è un’opera dello Spirito che ci introduce al mistero e si concretizza in noi nella fede, nella speranza e nella carità, per metterci di fronte al Padre. È fede trinitaria quella della Chiesa di tradizione orientale, che si concretizza e alimenta nella ricchezza e nello splendore della Divina liturgia che costituisce l’identità più profonda più autentica. Si vuole così testimoniare una verità sapienziale, che si esprime nella concretezza della vita di chi fa l’esperienza «di essere in Cristo creature nuove, di poter vivere diversamente da un semplice animale… Questa novità si manifesta come bellezza».
I temi centrali della tradizione orientale attraversano tutto il dialogo che si anima per le domande e le precisazioni e che mettono in luce lo specifico di quella tradizione pur nella comunione con il vescovo di Roma. Questi temi sono incorniciati da continui richiami alla vicenda personale di sua beatitudine e alla vicenda storica delle Chiese e del popolo ucraino, che comprendono persecuzioni e clandestinità, e sono colorate delle tristi tinte del sistema comunista sovietico che voleva cancellare identità nazionali e fede religiosa. Ripercorrere le varie tappe è un modo per rendere concreta quella verità che, nonostante tutte le avversità, è stata testimoniata.
Storia e fede interpellano il presente nel duplice fronte delle difficoltà in cui è l’Ucraina come Stato e della divisione tra le Chiese, e che sembra farsi a tratti più radicale nonostante la comune fede e tradizione orientale, a cui si affiancano poi le Chiese protestanti.
La coscienza che «nel corso dei secoli si è visto quanto sia facile spaccare la comunione e quanto sia difficile poi sanare questa spaccatura» fa concludere che il cammino ecumenico passa per una comunione che può essere «vissuta o testimoniata in diversi gradi»: «il rispetto della persona umana», «l’ascolto», «la carità». Si propone così un ecumenismo della vita che coinvolge i fedeli delle diverse Chiese in azioni comuni che superi quell’«esclusivismo ecclesiale, effetto della divisione, che sta quasi azzerando l’altro…uno scandalo e ovviamente un peccato da confessare» (p. 148).
Asolan conclude: «L’audacia del titolo … incuriosisce, e mette sul tappeto sia una questione decisiva per l’essere umano … sia la questione del metodo adeguato per cercare una risposta a una questione fattasi (pericolosamente) tanto imbarazzante. Dove la domanda sulla verità viene elusa o rimossa, infatti, a farne le spese è proprio l’essere umano, la sua dignità e la sua libertà. Come documenta la storia dell’Ucraina dalla quale proviene l’autore… (p. 233).
In sottotraccia il dialogo sembra proporre quello che viene ricordato a proposito del radicamento della tradizione orientale, quando si preferiva dire non tanto «tornare ai Padri» quanto «andare avanti» verso i Padri. La sfida per le Chiese, per i cristiani, per tutti gli uomini è «andare avanti» verso la Verità e la Bellezza, verso Dio che ancora ci cerca, «si fa vicino Lui, è Lui che chiede. La prima iniziativa nell’instaurare questo rapporto divino-umano è di Dio. … oggi non capiamo che Dio ci chiama, ci interpella perché abbiamo ridotto Dio a un’idea e con un’idea non si può dialogare».