Verità e sviluppo
Da poche settimane arcivescovo di Barquisimeto, mons. Antonio José Lopez Castillo è uno dei 39 vescovi del Venezuela, Paese che soffre per una situazione sociale difficile, mentre il governo Chàvez manifesta ostilità verso la Chiesa. In questa terra ricca di petrolio, si sta affermando il cosiddetto socialismo del XXI secolo. Che ne pensa di questa definizione? Il socialismo venezuelano altro non è che il modello cubano, quindi marxista. La storia ci insegna che tale ideologia non porta allo sviluppo, né economico né sociale e questo sta accadendo anche in Venezuela, un Paese che rimane povero nonostante la ricchezza di risorse naturali. La gente conosce Cuba e non vuole imitarla; desidera democrazia e sviluppo. Qualcosa è cambiato nel clima politico dopo il referendum che ha bocciato la riforma costituzionale? La bocciatura da parte dei venezuelani è stato senz’altro un segnale forte che ha impedito un’ulteriore cubanizzazione del Paese; ma l’obiettivo che il governo persegue è rimasto lo stesso. Come interpretare l’abolizione della legge che avrebbe imposto un abnorme controllo dello Stato? Direi come un’abolizione tattica. Questa legge infatti realizzava un sistema permanente di spionaggio sociale. Ma, visto che in novembre si terranno le elezioni dei governatori e dei sindaci, il governo ha evidentemente ritenuto opportuno stemperare le tensioni sociali, anche alla luce della bocciatura del referendum. Negli ultimi anni, i rapporti tra Stato e Chiesa hanno avuto momenti di grande tensione. E ora? Sono piuttosto critici, c’è grande tensione. Il governo vede la Chiesa come l’oppio dei popoli, l’ha pubblicamente definita un cancro della società. In tutti gli ambiti, si cerca di far filtrare l’idea che la Chiesa non sia vicina ai poveri; anche se in questo periodo, va detto, c’è un po’ di moderazione, probabilmente motivata proprio dalle future elezioni locali. Secondo i sondaggi più dell’80 per cento dei venezuelani ritiene la Chiesa un’istituzione affidabile… La gente ha le idee ben più chiare di quanto pensi il governo. Non accetta tutto, ragiona con la sua testa. Ha anche molta fiducia nella Chiesa che non è né pro-governo né pro-opposizione, ma difende la verità e vuole lo sviluppo vero, quello che beneficia tutti e al quale tutti contribuiscono. Noi vescovi siamo semplicemente pastori che parlano della fede in Cristo, affinché le coscienze siano illuminate dal Vangelo. Quali sono le priorità pastorali? La riconciliazione e l’unità perché questo sistema politico ha indebolito la famiglia e ha compromesso gli equilibri sociali. L’esperienza che propone la Chiesa è quella dell’amore profondo nelle parrocchie, nella liturgia e nella formazione dei sacerdoti. Aiuto alla Chiesa che soffre ha promosso una campagna che ha coinvolto un milione di bambini nella recita del Rosario… In Venezuela è molto forte la pietas popolare. Il rosario dei bambini e nelle famiglie ne fa parte e, in questi anni, ha spesso affidato il nostro Paese alla Vergine Maria. La gente crede molto nella preghiera, partecipa alle processioni, ha grande devozione per i santi e per la Madonna di Coromoto, la patrona del Venezuela. Un anno fa i vescovi latino americani del Celam hanno lanciato una missione continentale… Siamo tutti chiamati a essere discepoli-missionari, e credo che nuova forza all’evangelizzazione possa arrivare soprattutto dai laici e dalla loro vita quotidiana aperta al Vangelo.