Vergine fatta Chiesa
Sull’esperienza spirituale di san Francesco si è scritto moltissimo1 e anche in questa rivista sono apparsi vari articoli al riguardo2. Ciononostante si possono scoprire sempre nuovi elementi e prospettive nel cammino del Poverello col suo Signore. Si continua a scrivere su di lui, forse perché l’essenza e la profondità della sua relazione coll’Altissimo sfugge alla nostra percezione, a motivo dell’immensità del mistero dell’amore di Dio in cui Francesco si è inabissato.
Francesco stesso cerca di esprimere l’ineffabile della sua esperienza, usando una cascata di nomi ed aggettivi: “Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo e giusto, Signore Re del cielo e della terra (…) Creatore e Redentore e Salvatore nostro, solo vero Dio, il quale è il bene pieno, ogni bene, tutto il bene, vero e sommo bene, che solo è buono, pio, mite, soave e dolce, che solo è santo, giusto, vero e retto, che solo è benigno, innocente, puro, dal quale e per il quale e nel quale è ogni perdono, ogni grazia, ogni gloria di tutti i penitenti e giusti, di tutti i beati che godono insieme nei cieli”3.
Queste parole, che egli scrive cinque anni prima di morire, lasciano intravedere un’autentica esperienza di Dio in Francesco, da lui proposta ai suoi seguaci e che viene condivisa con “tutti i beati che godono insieme nei cieli”. Queste vette dell’esperienza spirituale hanno inizio nella valle di Spoleto, che si estende sotto la città di Assisi, e in un luogo ben preciso: la chiesetta di Santa Maria degli Angeli, detta anche Porziuncola4.
Porziuncola , centro di vita
Per situare bene l’esperienza concreta di Francesco dopo la sua conversione, occorre tener presente che, dalla rottura con la sua vita precedente di figlio di mercante, egli lascia la città di Assisi per seguire le orme di Gesù, il quale manda i suoi discepoli senza possedere né oro, né argento, né denaro, né bisaccia, né pane, né bastone per via, né calzari, né due tuniche, ma soltanto a predicare il regno di Dio e la penitenza. Francesco sceglie la vita itinerante come Gesù che aveva vissuto con i suoi discepoli sulle strade della Terra Santa. Per cogliere l’esperienza spirituale di Francesco, bisogna vederlo libero dai legami con la sua famiglia naturale e aperto alla fratellanza universale. Egli si apre a “lo spazioso chiostro del mondo intero”. L’unico posto fisso che egli accetta è la chiesetta di Santa Maria degli Angeli, da lui restaurata, che diventò il centro della vita sua e dei suoi seguaci.
Nei confronti di questo luogo bisogna usare l’immaginazione. Dall’attuale quartiere presso la stazione di Assisi, infatti, occorre togliere tutte le case, poi la grande basilica con la cupola e tutti i dipinti della chiesetta dentro la basilica, in modo tale che rimanga solo una piccola chiesa disadorna in mezzo ai boschi e ai campi coltivati disabitati. Questo è il piccolo pezzo di terreno, “porziuncola”, che i Benedettini del Monte Subasio lasciarono in uso a Francesco.
Dopo aver risposto concretamente all’invito del Crocifisso di San Damiano: “Va e ripara la mia casa” e alla fine di un cammino di ricerca, Francesco era approdato in questo posto. Aveva lavorato alla ricostruzione della cappella di San Damiano e poi di un’altra dedicata a San Pietro. Ora continuava il suo lavoro di muratore nella chiesetta di Santa Maria degli Angeli. Scrive il primo biografo: “Un giorno in cui in questa chiesa si leggeva il brano del Vangelo relativo al mandato affidato agli apostoli di predicare, il santo, che era presente e ne aveva intuito solo il senso generale, dopo la messa pregò il sacerdote di spiegargli il passo. Il sacerdote glielo commentò punto per punto e Francesco (…) subito, esultante di divino fervore, esclamò: Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore”5. Nella chiesetta della Porziuncola Francesco scopre la sua vocazione alla vita del Vangelo. Perciò questo luogo gli è particolarmente caro.
Ci sono altri motivi che spingono Francesco a prediligere questo luogo e che sono in relazione ad alcuni eventi, soprattutto due: l’arrivo di Chiara d’Assisi, che nella notte della domenica delle Palme viene accolta tra i seguaci di Francesco, e la vita comunitaria dei frati minori, che abitavano alcune capanne intorno alla chiesetta e che si dedicavano alla contemplazione e alla cura dei lebbrosi.
È dalla Porziuncola che Francesco mandava i suoi otto frati, dividendoli in quattro gruppi e dicendo loro: “Andate, carissimi, a due a due per le varie parti del mondo e annunciate agli uomini la pace e la penitenza in remissione dei peccati”6. Santa Maria degli Angeli può essere considerata la culla del movimento francescano, il suo centro. Da lì infatti partivano i frati e lì ritornavano per condividere tra loro le esperienze apostoliche. Fu lì che si radunavano ogni anno a Pentecoste, dando così inizio a quelle adunanze che ancora oggi vengono chiamati “capitoli generali”. Usando un termine improprio si può dire che la Porziuncola durante la vita di Francesco era la casa generalizia del suo movimento.
Il significato singolare che questo luogo aveva per il Santo d’Assisi è dimostrato dal fatto che Francesco voleva morire proprio lì. Malato com’era e curato da vari medici, da Siena, dove si trovava per la cura degli occhi, si faceva portare a Santa Maria degli Angeli. In una capanna vicina alla chiesetta “volò al cielo – dice il suo biografo – proprio nel luogo in cui, mentre era nel corpo, aveva ricevuto la prima rivelazione delle verità soprannaturali e aveva capito la divina chiamata”7. Alla Porziuncola Francesco cominciò e terminò la sua esperienza di vita evangelica. Perciò diceva spesso ai frati: “Guardatevi, figli miei, dal non abbandonare mai questo luogo. Se ne fosti scacciati da una parte, rientratevi dall’altra, perché questo luogo è veramente santo e abitazione di Dio. Qui, quando eravamo pochi, l’Altissimo ci ha moltiplicati; qui ha illuminato con la luce della sua sapienza i cuori dei suoi poverelli; qui ha acceso il fuoco del suo amore nelle nostre volontà”8.
Santa Maria degli Angeli
Bonaventura racconta l’arrivo di Francesco alla Porziuncola in questo modo: riparata la chiesa di San Pietro, “andò finalmente in un luogo chiamato Porziuncola, nel quale era stata costruita anticamente una chiesa dedicata alla beatissima Vergine che allora era, però, abbandonata e non curata da nessuno. Quando l’uomo di Dio la vide così abbandonata, spinto dalla sua fervida devozione per la Regina del mondo, incominciò a dimorare assiduamente in quel luogo, con l’intento di ripararla”9.
Non sappiamo come l’amore di Francesco per Maria sia nato. Probabilmente sarà stato frutto dell’educazione religiosa ricevuta nella sua famiglia, specialmente dalla sua madre, “specchio di rettitudine”. Tra il giovane Francesco e la madre esisteva un legame forte, tanto che lei lo difese presso suo marito, quando questi volle impedirgli il cammino spirituale intrapreso. Obbediente alle parole di Gesù, Francesco lascia padre e madre per seguirlo, rinunciando all’eredità paterna: “D’ora in poi potrò dire liberamente: Padre nostro, che sei nei cieli, non padre Pietro Bernardone”10. Sarà azzardato supporre che lo stacco anche dalla madre avrà dato a Francesco una simile esperienza soprannaturale facendogli scoprire e rafforzare il legame con la Madre celeste?
Fatto sta che, secondo la testimonianza di Bonaventura “circondava di indicibile amore la Madre del Signore Gesù, per il fatto che ha reso nostro fratello il Signore della Maestà e ci ha ottenuto la misericordia”11. Rinunciando ai legami della sua famiglia naturale, Francesco entrò nella dimensione della famiglia dei figli di Dio, dove tutti si considerano fratelli avendo Dio come Padre e Maria come Madre. In genere si sottolinea la paternità di Dio oppure la fraternità in Gesù, primogenito di molti fratelli, come la radice della fratellanza universale proposta da Francesco.
Meno esplicitata nelle fonti, ma forse non per questo meno reale per lui, radice della fratellanza universale era la maternità di Maria, eco di quel “Ecco la tua Madre” pronunciato da Gesù in croce. Più tardi Grignion de Montfort dirà: “Come nell’ordine naturale ogni figlio deve avere un padre ed una madre; così nell’ordine della grazia, ogni vero figlio della Chiesa deve avere Dio per padre e Maria per madre; e se qualcuno si vuol gloriare d’aver Dio per padre ma non ha la tenerezza di un vero figlio per Maria, è un bugiardo che ha soltanto il demonio per padre”12.
L’amore di Francesco per la Madonna è attestato dal suo primo biografo: “A suo onore cantava lodi particolari, innalzava preghiere, offriva affetti tanti e tali che lingua umana non potrebbe esprimere”13. Ascoltiamo una di questi lodi particolari, il Saluto alla beata Vergine Maria:
Meditando su questo inno alla Vergine troviamo tante allusioni al racconto evangelico dell’annunciazione che testimoniano come Francesco sia entrato nel più alto mistero di grazia, quello della “santa genitrice di Dio”, Maria Theotokos. Questa considerazione ci spinge a sottolineare un altro aspetto caratteristico dell’esperienza spirituale di Francesco: il rapporto tra Maria e la Chiesa.
Vergine fatta Chiesa
L’espressione “Vergine fatta Chiesa”, usata da Francesco nel suo Saluto alla Vergine, non è sempre stata capita e valorizzata. Alle volte è stata cancellata dal testo, pensando che si trattasse di un’inesattezza teologica, dovuta all’ignoranza del Poverello. Studi recenti hanno dimostrato non solo che l’espressione appartiene alla forma autentica del testo, ma che si collega anche alla tradizione patristica, rivelando in questo modo un’intuizione teologica giustissima e consolidata in seguito in alcuni documenti ecclesiali, come la Lumen gentium del Concilio Vaticano II15.
Francesco è colpito dal mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio nel grembo di Maria: “L’altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità”16. Francesco non dice che il Padre mandò, ma che annunciò il Verbo. Lo fece nel grembo di Maria, che diventò il silenzio sul quale la Parola avrebbe potuto esprimersi.
Possiamo ricordare qui una meditazione di Chiara Lubich che esprime un pensiero simile: “(…) Questa ombra mirabile che avvolge il sole e ad esso cede e in esso si ritrova; questo sfondo bianco immenso quasi una voragine che contiene la Parola che è Cristo ed in esso si inabissa, luce nella Luce; questo altissimo silenzio che più non tace perché in esso cantano le armonie divine del Verbo e in Lui diventa nota delle note, quasi il là dell’eterno canto del Paradiso; questo scenario maestoso e bello come la natura, sintesi della bellezza profusa dal Creatore nell’universo, piccolo universo del Figlio di Dio che cede il suo interesse a chi doveva venire ed è venuto; questo arcobaleno di virtù che dice pace al mondo intero, questa creatura, immaginata negli abissi misteriosi della Trinità e a noi donata, era Maria”17.
Questo annientarsi di Maria per dar vita a Gesù è un atteggiamento che Francesco fa suo. Anzi, lo propone a tutti i cristiani. In una lettera indirizzata “ai fedeli” egli propone le esigenze della vita secondo il Vangelo e conclude: “Tutti quelli e quelle, che continueranno a fare tali cose e persevereranno in esse sino alla fine, riposerà su di essi lo Spirito del Signore, ed egli porrà in loro la sua abitazione e dimora”18. Francesco aveva chiamata Maria “palazzo, tabernacolo, casa” di Dio, perché in lei ha vissuto corporalmente il Figlio di Dio. Ma ognuno che ama può diventare “la sua abitazione e dimora”. E anche la Chiesa intera, come Maria, amando può dare vita a Gesù.
Vita della Chiesa, vita di Maria
In questo senso la ristrutturazione della chiesetta di Santa Maria degli Angeli può aver ricordato a Francesco l’edificazione della Chiesa come Corpo di Cristo e dimora dello Spirito Santo. Gli eventi succedutisi alla Porziuncola, dalla scoperta del Vangelo come programma di vita all’arrivo di Chiara e le sorelle povere, la fondazione della fraternità dei minori fino all’ultimo respiro del Poverello, tutto contribuiva alla messa in pratica su un piano spirituale dell’invito di Gesù: “Francesco, va e ripara la mia casa”. S’intuisce che per lui la vita spirituale personale progressivamente s’identificava con la vita della Chiesa, con la vita di Maria.
A tutti fedeli che s’impegnano a vivere il Vangelo Francesco scrive: “Saranno figli del Padre celeste, di cui fanno le opere, e sono sposi, fratelli e madri del Signore nostro Gesù Cristo”. E spiega: “Siamo sposi, quando nello Spirito Santo l’anima fedele si unisce a Gesù Cristo. Siamo suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre suo, che è nel cielo. Siamo madri, quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo attraverso l’amore e la pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che deve risplendere in esempio per gli altri”19.
Come non vedere una consonanza con un discorso del beato Isacco della Stella: “Il Cristo è unico, perché è figlio di un unico Dio in cielo e di un’unica madre in terra. Si hanno insieme molti figli e un solo figlio. Come infatti Capo e membra sono insieme un solo figlio e molti figli, così Maria e la Chiesa sono una sola e molte madri, una sola e molte vergini. Ambedue madri, ambedue vergini, ambedue concepiscono per opera dello Spirito Santo senza concupiscenza, ambedue danno al Padre figli senza peccato. (…) Tutt’e due sono madri di Cristo, ma nessuna genera il tutto senza l’altra. Perciò giustamente nelle Scritture divinamente ispirate quel ch’è detto in generale della vergine madre Chiesa, s’intende singolarmente della vergine madre Maria; e quel che si dice in modo speciale della vergine madre Maria, va riferito in generale alla vergine madre Chiesa; e quanto si dice delle due, può essere inteso indifferentemente dell’una e dell’altra. Anche la singola anima fedele può essere considerata come Sposa del Verbo di Dio, madre figlia e sorella di Cristo. (…) Nel tabernacolo del grembo di Maria Cristo dimorò nove mesi, nel tabernacolo della fede della Chiesa sino alla fine del mondo, nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele per l’eternità”20. Lascio ad altri momenti e persone più competenti l’approfondimento di queste intuizioni. Concludo con un’ultima raccomandazione di Francesco.