Ventimiglia, “passerella” per i politici
Ventimiglia non attira solo i migranti che vogliono passare il confine, ma anche esponenti politici: tanti, troppi, in passerelle che lasciano il tempo che trovano. «Il ministro Minniti ha deciso una serie di strategie che non si sono avverate – ha detto il governatore della Liguria Giovanni Toti, ultimo dei politici giunti fin là -. Il ministro Alfano era venuto promettendo controlli a pettine e politiche di alleggerimento, e non è accaduto neppure questo. Credo che l’unico modo di fermare tutto questo sia la politica dei respingimenti, fermando le unità navali al largo della Libia e riaccompagnando indietro chi parte, perché non è possibile affrontare in modo ordinato e civile i flussi imponenti come quelli che l’Italia sta subendo». E perché non aggiungere anche qualcosa di strettamente legato al pensiero della lega e della destra pura? «Ventimiglia è la prova vivente del fallimento dell’Europa, ma anche delle politiche italiane di contenimento dei flussi e della gestione dei traffici dei migranti. Nonostante i ripetuti appelli di Renzi e Gentiloni, nulla è cambiato nell’atteggiamento europeo, come dimostra la politica francese nella sua chiusura ai confini».
Toti si trovava in visita al Parco Roia di Ventimiglia, dove sono raccolti i più di 500 profughi in attesa dei visti per lasciare l’Italia. Visti che non arriveranno mai. Pochi giorni fa quassù era arrivato anche il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, anche lui in visita al parco Roja e alla parrocchia delle Gianchette, dove sono ospitate famiglie di migranti: poi si è spostato alla frontiera con la Francia, a Ponte San Luigi e Ponte san Ludovico. Di Maio ha espresso parole di solidarietà e comprensione per il dramma umano che si sta consumando. Duro invece lo è stato con la Francia: «La Francia – ha detto Di Maio – nega ogni responsabilità sui respingimenti arbitrari, compresi quelli dei minori. L’Ue finisce a Ventimiglia: gli italiani sono i veri europeisti, il vero presidio di solidarietà è il Comune di Ventimiglia in questo campo con la Croce Rossa, il prefetto e le forze dell’ordine in questa zona. Oltre la frontiera c’è l’egoismo non l’europeismo. È un fenomeno figlio dell’egoismo dell’Ue, di una Francia che respinge decine e decine di migranti alla frontiera e allo stesso chiude con un muro la sue frontiere col cosiddetto regolamento di Dublino. Qui c’è un muro: oltre quella montagna c’è la Francia e un muro che non consente alle persone di passare, ma alle merci sì».
Parole, ancora tante parole da parte di troppi. Ma poi tutto ritorna come prima. A pochi giorni dalla presentazione ufficiale del Piano nazionale per l’integrazione dei migranti arriva il no secco di tre regioni del Nord: Liguria, Lombardia e Veneto. Un no al modello di accoglienza che prevede che dei migranti sul territorio si dovranno far carico le amministrazioni locali, che così controlleranno le sedi e le modalità dell’accoglienza; che dovrà essere superato l’esperienza degli appartamenti presi in affitto dalle prefetture e affidate a cooperative e ad altri enti di accoglienza. Che «lo strumento cardine per l’integrazione rimane il progetto personalizzato che deve essere impostato, seguito e monitorato per ogni singola persona accolta, da personale specializzato». E ancora l’insegnamento della lingua e l’orientamento culturale sin dall’inizio, e rendendo obbligatoria la partecipazione ai corsi svolti nei centri d’accoglienza.