Venezuela. Quando il dialogo pare impossibile

Primo maggio a Caracas: il presidente Maduro rilancia con un’Assemblea costituente. L’opposizione denuncia l’ennesima beffa. E il papa invita ancora al dialogo

Continuiamo a seguire l’emergenza venezuelana, che rischia di portare all’implosione del Paese. Il Primo maggio si è svolto con lo scenario delle ormai consuete manifestazioni contrapposte a Caracas: da una parte i chavisti del presidente Maduro (che non sono tutti i chavisti, ma ormai meno della metà dei seguaci di Chavez) e dall’altra l’opposizione capeggiata dal Mud, che raccoglie una sessantina di sigle diverse. Il presidente ha annunciato con grande enfasi di aver deciso di convocare una «Assemblea costituente del popolo, per riformare la struttura giuridica dello Stato e portare la pace al nostro Paese». Si tratterebbe di arrivare a una costituzione risolutamente «bolivariana, femminista, giovanile, studentesca, indigena, profondamente operaia». La risposta all’invito dell’opposizione di un calendario elettorale? Julio Borges, capo del Parlamento in mano all’opposizione, ha risposto dicendo che una tale iniziativa costituirebbe una truffa, «inventata solo per distruggere la Costituzione attuale e cercare di fuggire così all’inesorabile verdetto delle elezioni». E l’opposizione è sempre in piazza, gli scontri si sono moltiplicati in tutto il Paese, in una sorta di mobilitazione permanente contrastata dalla polizia e dalle milizie paramilitari con violenza e qua e là delle vittime, che ormai hanno superato la trentina.

 

Da segnalare sul fronte venezuelano anche l’invito del papa al dialogo, pronunciato nel corso del Regina Coeli di domenica 30 aprile: «Non cessano di giungere drammatiche notizie sulla situazione in Venezuela – ha detto Bergoglio –. Mentre mi unisco al dolore dei familiari delle vittime, per le quali assicuro preghiere di suffragio, rivolgo un accorato appello al governo e a tutte le componenti della società venezuelana affinché venga evitata ogni ulteriore forma di violenza, siano rispettati i diritti umani e si cerchino soluzioni negoziate alla grave crisi umanitaria, sociale, politica ed economica che sta stremando la popolazione». Parole che sintetizzano la posizione vaticana: malgrado tutto, cercare una qualche forma di governo di transizione che permetta al Paese di risollevarsi. Ma purtroppo né il governo, che strumentalizza ripetutamente con false notizie l’invito del papa e non vuole ristabilire la “legittimità costituzionale” con la separazione dei poteri, né l’opposizione che ormai è schierata (nei fatti assieme alla Chiesa cattolica locale) per la preventiva richiesta di abbandono da parte di Maduro, sembrano avere accolto l’ennesimo appello del Vaticano.

In effetti, in un documento della Mud che ringrazia per il papa per il suo interessamento costante alla situazione venezuelana, sono scritte nero su bianco le sette condizioni poste per un dialogo credibile: 1) che venga istituito un Consiglio elettorale imparziale; 2) che avvengano elezioni presidenziali entro l’anno; 3) che sia stabilito un programma elettorale sia per le politiche che per le consultazioni amministrative; 4) che venga attivato un corridoio umanitario; 5) che il Parlamento sia di nuovo riconosciuto e operativo; 6) che tutti i prigionieri politici vengano liberati (sono centinaia ormai); che vengano smobilitate le forze paramilitari che imperversano nel Paese. Ognuno di questi punti appare plausibile, anche se nei fatti il dialogo così appare ancora impraticabile.

Iniziative di sostegno alla riconciliazione avvengono in tutto il mondo. A Roma ogni giorno di maggio, nella chiesa di Santa Maria Sopra Minerva, alle 17.30 viene recitato il rosario per il Venezuela.

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