Venezia parte col sogno di La La land

Apre la rassegna il lavoro di Damien Chazelle con Emma Stone e Ryan Gosling: tra musical e opera buffa racconta di un amore romantico a ritmo di jazz. Una ventata di fiducia e gioia per il Lido. Proiettato anche il primo film italiano, "L'estate addosso" di Gabriele Muccino
Emma Stone e Damien Chazelle

Storia, giovinezza, amore. Sono i temi del festival? Il 30 agosto, alla preapertura, è stata proiettata la versione restaurata – con sei minuti tolti dalla censura dell'epoca – di Tutti a casa di Luigi Comencini, anno 1960. Opera ancora straordinaria, un pezzo di storia di guerra, siamo nel1943, con un reggimento che dopo l'8 settembre deve tornare a casa. Racconto scarno che dice dell'Italia distrutta nelle case e nelle coscienze, pervasa da un sentimento accorato del dolore e della famiglia, narrato con stile sobrio. Un gruppo che dal Nord scende sino a Napoli guidato dall'oscillante Alberto Sordi – perenne maschera di timore e di doppiezza – in una terra attraversata dal sangue. Ma questo non è un cinema gridato, parla: la fotografia in bianco e nero, i bambini e i giovani con il loro sogno. Film di sogni, certo, dopo il dolore, che sarebbe utile mostrare di nuovo a tutti, giovani e non. Una lezione di grande cinema, di una Italia ancora sana nonostante la guerra. Un capolavoro.

 

E, a proposito di sogni, ecco il film di apertura La La land. È bello, sognante, giovane. Lei (Emma Stone, nella foto insieme al regista Damien Chazelle) fa la cassiera, ma sogna il cinema, lui (Ryan Gosling) ama il jazz vero, ma non ha fortuna. Si conoscono, non si piacciono subito, ma poi le vite si intrecciano, i sogni si comunicano ed ognuno trova la sua strada, ma l'amore rimane per sempre. La musica e l'arte sono follia, non tutti capiscono, ma che importa? La regia di Damien Chazelle punta a un montaggio serrato, coniuga musical a opera buffa, usa gli effetti speciali per cantare un amore romantico con una vena di malinconia e sciorina tip tap e balletti dall'autostrada alla via lattea: rtimi jazzistici formidabili, miscele di passato e di presente in quel di Hollywood, anni Cinquanta  e oggi.

 

Insomma, leggerezza è la parole d'ordine. Anche se la fiaba è la fiaba che importa? La bellezza dell'essere giovani è pure un  po' follia, sognare e credere che qualcosa di bello succederà. Una ventata di fiducia e di gioia. Passato presente e futuro, dunque, per uno spettacolo brillante, tenero, che fa respirare il Lido.

 

E, a proposito, il primo film italiano è L'estate addosso di Gabriele Muccino. Due diciottenni romani – lei precisina e sgobbona, lui incerto e postromantico con tante domande sulla morte, il dopomorte, il futuro – si ritrovano per una vacanza a Los Angeles in casa di due gay. Dialoghi, pregiudizi che affiorano e crollano, una vacanza libera da paure, gioiosa, piena d'amore. E poi? Si torna a casa e qui comincia la vita vera. Film giovanile un po' stereotipato e lieve, il lavoro di Muccino, per quanto tirato a lucido come fotografia e recitazione (Brando Pacitto e Matilda Lutz) non è superlativo. Pare una riedizione dell'Ultimo bacio anno 2016, paura di crescere, tante domande, ma tutto rimane in superficie, troppo leggero. Eppure, anche qui c'è una grande domanda di felicità. Siamo in attesa di altre risposte.

 

Intanto aspettiamo altri film, e anteprime, tra cui la serie per Sky The young pope con Jude Law sabato 3 di Paolo Sorrentino.

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