Venezia ‘72 amore e odio

Storie gangsteristiche (che sanno di già visto), ironia drammatica in Marguerite di Xavier Giannoli e il salvataggio del Louvre durante l’occupazione nazista. In attesa che il festival decolli davvero…
Festival Venezia

Il caleidoscopio veneziano si apre e vengono alla luce nuovi e vecchi territori. Il mito del gangster ritorna alla grande (ma non è mai morto davvero): così se il nostro Renato De Maria riscrive il gangsterismo nostrano anni settanta-ottanta in Italian Gangsters (con il rischio di creare dei loschi eroi), Johnny Depp trionfa in Black Mass di Scott Cooper, filmone tecnicamente perfetto e di sicuro impatto commerciale, raccontando la storia del patto scellerato tra Fbi e il bandito Whitey Bulger, ancora vivo, negli anni settanta ottanta e novanta del ‘900. Rapido, brutale, perfetto, sa però di già visto (si ricordi Nemico pubblico ancora con Depp). Ma vale la pena, al di là del divo superstar osannato al Lido, riproporre un’altra storia gangsteristica?

 

Meglio viaggiare sul filo dell’ironia drammatica in Marguerite di Xavier Giannoli, spiritoso, caustico e dolente ritratto di una donna che ama la musica alla follia, si crede una grande soprano ma è stonatissima. Film sull’inganno e la verità – in casa, con gli amici, nell’arte –, perfettamente recitato da Catherine Frot è risibile e doloroso. Spesso la gente ha paura della verità e preferisce l’inganno, finendo per tradire sé stessa. Ben oltre i lustrini della fotografia e dell’interpretazione, il film racconta il dramma dell’ipocrisia nella vita e nell’arte.

 

Decisamente su un altro piano si sposta Sokurov in Francofonia. Il maestro russo racconta in un apologo morale, tra dissolvenze in cui le riprese del passato si includono in quelle del presente, il salvataggio del Louvre durante l’occupazione nazista in Parigi, tramite l’accordo tra il direttore francese del museo e l’occupante tedesco, esperto d’arte.

 

Ma il regista allarga la riflessione sul valore dell’arte anche durante la guerra, ma pure sulla fragilità delle strutture che la conservano come i musei durante i conflitti. Con immagini accattivanti ora a colori ora in bianco e nero, con documenti d’epoca, Sokurov non offre una lezione di storia ma il pensiero della bellezza che può unire popoli così diversi come quelli europei.

 

Ora restiamo in attesa di altri eventi, sperando che il festival spicchi il volo.

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