Venerdì santo, «Madre, ecco tuo figlio»
Isis, bambini soldato, donne sfruttate che si vendono per pochi spiccioli, corpi che affondano nei gorghi del Mediterraneo, cancro dei rifiuti che corrode la terra e la gente, corrotti che rubano il pane dalla bocca del popolo, bestemmiatori, guerre di religione, foreste bruciate…
Meno male che quel legno ti avvinghia, altrimenti cadresti prostrato sulle pietre del Golgota, fatto pietra tu pure. Resti, "il maledetto" (così ti chiama S.Paolo). Non ascolti la sfida ironica dei tuoi avversari, che ti invitano a scendere. Se tu scendessi, non ci sarebbe più nessun luogo per l'amore sulla terra. Vagheresti anche tu senza meta, avendo perso il perché della tua discesa fra noi. Resti, perché hai voluto sporcare di disperazione il tuo amore casto e ingenuo, fatto spugna che assorbe tutto il negativo, tutte le oscurità.
Fino a dubitare di Lui: "Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Hai dimenticato che lo chiamavi Padre e quindi che eri figlio.
Ma è successo l'imprevisto. Lì, presso di te, c'era una creatura che, sola, ti chiamava figlio. L'hai scorta, e sulle tue labbra è fiorita quella parola che solo a lei rivolgevi. Lei ti ha fatto ricordare chi eri e ha fatto baluginare una luce al fondo del tunnel. Al punto da farti diventare fecondo, dando a lei tutti gli uomini come figli: "Madre, ecco tuo figlio".
"La donna, quando partorisce, è nel dolore, ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza per la gioia che è venuto al mondo un uomo". Anche tu hai dimenticato la sofferenza? Per primo hai vissuto il mistero della gioia che convive col dolore?