Vendette parziali

Mosca e Teheran hanno sì messo in atto delle azioni per vendicare quanto subito, ma in modo (ancora) parziale. I rischi costanti di una guerra totale
Un'immagine dei combattimenti tra Russia e Ucraina nella zona del KUrsk EPA/RUSSIAN DEFENCE MINISTRY PRESS SERVICE HANDOUT -- MANDATORY CREDIT -- BEST QUALITY AVAILABLE -- HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

Nell’articolo della scorsa settimana si sottolineava come fossimo in attesa, ancora, delle vendette di Putin (per l’invasione di un francobollo di territorio russo, quello di Kursk) e di Khamenei (per l’assassinio a Teheran del capo politico di Hamas, Haniyeh. Si sottolineava come si fossero riattivate attivamente cellule diplomatiche non convenzionali, che tenevano aperti spazi di trattative, o perlomeno di informazione reciproca, tra i vari capi, ad opera in particolare degli Stati Uniti. Si terminava l’articolo sostenendo che, però, le vendette avrebbero potuto avere luogo da un minuto all’altro.

Ed effettivamente le vendette di Mosca e Teheran ci sono state, ma parziali e limitate nello spazio e nel tempo. Da una parte il Cremlino ha sganciato una selva di missili, come da mesi non si vedeva, contro l’Ucraina, mirando in particolare alle centrali elettriche; dall’altra il braccio libanese degli ayatollah, Hezbollah, anche se anticipato da una “offensiva preventiva” di Tel Aviv, ha lanciato più di trecento missili contro il nord d’Israele, sembra senza grande precisione. Non sembra quindi che la potenziale vendetta di Putin e Khamenei abbia avuto luogo in modo completo, ma solo provvisoriamente.

Sul campo ucraino va notato come continui, invece, con continuità temporale e con conquiste di numerosi villaggi, l’avanzata di Mosca nel quadrante di Pokrovsk, dove sta avvenendo una vera e propria carneficina, con carne da macello lanciata allo sbaraglio (e si sta costatando che i russi hanno una macelleria ben più fornita di materia prima, purtroppo umana). Mentre la strategia di Kiev sembra voler colpire la Russia in modalità random, cioè senza preavviso e senza logica apparente, avanzando a Kursk, colpendo una nave in Crimea, attaccando con droni a Belgorod. Come si notava una settimana fa, con ogni probabilità la risposta russa sta avvenendo sul campo con l’avanzata di Pokrovsk, piuttosto che nei cieli (dove si deve annotare la perdita del primo F16 arrivato a Kiev, schiantatosi rintuzzando un attacco aereo russo). La vendetta continua nel silenzio mediatico, cosa insolita per Mosca.

Silenzio mediatico che al contrario non sembra d’attualità in Medio Oriente, dove Israele ha lanciato una profonda offensiva in Cisgiordania, nei Territori palestinesi, con una decina di morti e un centinaio di feriti, allo scopo dichiarato di recidere delle cellule terroristiche. Preoccupa, inoltre, l’aggressività dei coloni di numerosi insediamenti ebraici, che si organizzano in milizie per non solo difendersi da eventuali attacchi palestinesi, ma per attaccare direttamente popolazioni spesso inermi. Il clima di perenne sospensione bellicosa in Israele e Palestina è, come afferma Teheran, la prima vendetta iraniana per l’assassinio del capo di Hamas a Teheran. Ne ha scritto ieri, con le sue consuete analisi acute, Bruno Cantamessa, cercando di capire perché non si riesce ad arrivare a una tregua a Gaza e quali siano i rischi di una “guerra totale”.

Appunto, il rischio di guerra totale nel quadrante ucraino e in quello mediorientale è nel mirino della diplomazia internazionale, non solo Usa, ma anche russa, iraniana e cinese. La quantità di armi in circolazione e la progressiva facilità a produrne di nuove grazie alle tecnologie digitali (così, ad esempio, Kiev e Teheran possono annunciare i loro primi missili rispettivamente Made in Ukraine e Made in Iran, e così entrambi lanciano nuove tipologie di droni) fa sì che si cerchino sì successi parziali, ma senza affondare troppo la lama, per evitare di imboccare la strada di non ritorno del conflitto senza ritorno, anche perché le portaerei Usa in Mediterraneo sembrano essere state spostate come deterrente.

E senza dimenticare che continuano le azioni degli Houti nello Yemen (brucia una petroliera greca con gravi rischi ecologici), che in Siria si continua a combattere da tredici anni, che il clima politico è turbolento in Georgia e, almeno in parte, in Kazakistan, che in Sudan ormai non c’è più alcuna sicurezza, che in Sud Sudan la guerra civile è strisciante, che in Burkina Faso è stata compiuta la più grande strage da parte delle milizie jihadiste (ma non solo). Insomma, parliamo sempre di Ucraina-Russia e Israele-Palestina, ma le guerre sono molteplici e variegate e continuano imperterrite, in una Terza guerra mondiale diffusa.

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