Vendesi l’Italia a Bruxelles
È di questi giorni la notizia che il Ministero degli Affari Esteri ha messo in vendita l’edificio che ospita l’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles. Questo sarebbe solo l’ultimo atto di un depotenziamento delle strutture italiane presenti a Bruxelles ed in Belgio, nonché in altre parti del mondo, come dimostra anche la recente decisione di vendere le sedi del Consolato Generale e dell’Istituto Italiano di Cultura a Monaco di Baviera, sollevando non poche proteste da parte dei nostri connazionali.
Infatti, nella capitale belga restano solo l’Ambasciata, l’Agenzia Consolare, la Rappresentanza Permanente dell’Italia presso l’Unione Europea (UE) e, per ora, l’Istituto Italiano di Cultura. Questi è ospitato in una tipica palazzina di Bruxelles, in rue de Livourne 38, costruita a fine Ottocento e divenuta la “Casa d’Italia” nel 1932, quando fu acquistata con il sostegno di alcune imprese dell’epoca (Olivetti, Fiat, Pirelli) e con il contributo di tanti italiani che vivevano in Belgio.
Lo Stato riscattò l’edificio dopo la II Guerra Mondiale, impegnandosi a mantenere integro il patrimonio. La “Casa d’Italia” divenne subito un punto di riferimento per quanti amavano l’Italia, ma soprattutto per gli italiani che vi si riunivano numerosi, anche nel dopolavoro, di cui resta ancora il bancone del bar in una grande sala. Successivamente fu costruito un teatro da 350 posti, dove ogni lunedì si tiene il celebre cinema italiano, ma utilizzato spesso anche per gli eventi delle numerose associazioni di italiani sparse in tutto il Paese.
Comunque, l’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles non è destinato ad essere chiuso, ma solo ad essere spostato, nell’estate del 2018, in una struttura recentemente acquistata dal Monte Paschi Belgio, per 13,5 milioni di euro, in rue Joseph II 24, non lontano dal Parlamento Europeo ed alle spalle della Rappresentanza Permanente dell’Italia presso l’UE. Però, tale struttura dovrà ospitare anche l’Ambasciata e l’Agenzia Consolare, per cui resterà ben poco spazio per l’Istituto Italiano di Cultura.
Alcuni ritengono che tale decisione, seppure comprensibile in una logica di razionalizzazione degli spazi, potrebbe derivare dalla volontà di “aiutare” il Monte dei Paschi di Siena in difficoltà, ma anche dall’idea di collegare il nuovo edificio con quello della Rappresentanza Permanente dell’Italia presso l’UE, dotandola in tal modo di una via di fuga.
Però, permangono dubbi anche sulla possibilità concreta di vendere l’edificio di rue de Livourne 38 che, purtroppo, necessita di costosi interventi di manutenzione che, incomprensibilmente, non sono stati fatti nel corso degli ultimi anni. Infatti, si racconta che molte agenzie immobiliari visionino l’immobile ma poi non vi facciano ritorno, mentre quando si tentò di vendere l’edificio nel 1998 pare fosse stata presentata un’offerta di soli 800 milioni di Lire.
Eppure, a Bruxelles, l’Italia possiede anche un altro prestigioso edificio: la Residenza dell’Ambasciatore d’Italia, un’immensa struttura considerata tra le più belle residenze degli ambasciatori italiani al mondo. Qualcuno si domanda, provocatoriamente, in una logica di risparmio e razionalizzazione del patrimonio, perché non vendere quella residenza ed acquistarne una più modesta, mantenendo l’edificio di rue de Livourne 38.
Il Comitato amici dell’Istituto Italiano di Cultura ha dichiarato che l’edificio di rue de Livourne 38 rappresenta «storicamente il punto di riferimento della comunità italiana di tutto il Belgio, oltre che essere l’Italia a Bruxelles». L’Istituto Italiano di Cultura è il più importante istituto di cultura straniero presente nella città, offre numerosi corsi (italiano, teatro, ecc.) ed ha un ampio programma culturale, mentre «non c’è paragone tra l’attuale sede dell’Istituto e quella nuova».
Ma i membri del comitato e tanti italiani non si danno per vinti ed hanno lanciato una petizione indirizzata al ministro degli Affari Esteri, Angelino Alfano, che ha raggiunto in pochi giorni oltre 3000 firme, per chiedere di ritornare sulla decisione presa. Inoltre, il 21 marzo, il senatore Pietro Luzzi ha rivolto un’interpellanza al ministro Alfano, chiedendo se questi fosse «informato di tale vicenda e quali provvedimenti intenda assumere, ed in caso contrario per quale motivo, al fine di scongiurare la perdita della sede storica dell’Istituto italiano di cultura, che è divenuto simbolo della storia, della memoria e della cultura degli Italiani in Belgio, alla luce del fatto che il positivo trasferimento degli uffici del consolato e dell’ambasciata italiana in Belgio nella nuova sede in rue Joseph II, potrebbe rappresentare un’opportunità straordinaria per ampliare gli spazi attualmente destinati alle attività dell’Istituto nella sede di rue de Livourne e aumentare l’offerta culturale italiana nei confronti delle comunità internazionali, contribuendo in tal modo a rafforzare quello spirito di unione e coesione tra cittadini europei, oggi ancor più necessario alle istituzioni comunitarie».
Il 30 marzo, intervenendo in chiusura dell’assemblea plenaria del Consiglio generale per gli italiani all’estero (Cgie), Alfano avrebbe assicurato che la sede dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles non sarà venduto, almeno non durante questa legislatura.
Don Battista Bettoni, della Missione Cattolica Italiana a Bruxelles, ritiene che «le istituzioni italiane stanno lasciando sempre più soli gli italiani in Belgio». La vendita dello storico edificio rappresenterebbe un ulteriore allontanamento dell’Italia dai suoi cittadini all’estero, dato che ormai «a Bruxelles resta solo la cancelleria dell’Ambasciata ed a Charleroi resta l’unico Consolato Generale, dopo che ne sono stati chiusi molti altri in tutto il Paese». Don Battista, sacerdote della Diocesi di Bergamo da circa trenta anni in Belgio, sostiene che sia necessario «conservare un fuoco che venga alimentato di continuo per sostenere la comunità italiana ma anche per far conoscere l’Italia nel Paese che ci ospita; è comprensibile che ci siano delle difficoltà alle quali bisogna fare fronte, ma se viene meno la cultura ed un luogo di aggregazione per le persone è l’Italia tutta che si richiude in se stessa».
Francesco Cesarani, dell’Associazione Punto Democratico di Bruxelles, invita a sottoscrivere la petizione per il mantenimento dell’Istituto Italiano di Cultura presso la bella sede di rue de Livourne. Infatti, «la sede dell’Istituto, per la sua storia e per la centralità che essa ha assunto tra la nostra comunità in Belgio, è un luogo di valore da preservare, è la casa di tanti cittadini europei – italiani e non – amanti della cultura e dell’arte del nostro Paese. La cultura è il volano della promozione e della rappresentanza stessa dell’Italia nel mondo, e proprio a Bruxelles, capitale dell’Europa, è fondamentale continuare ad offrire un’offerta culturale di prestigio che lo spazio attuale certamente può garantire. Prendiamo esempio dagli altri Paesi europei: investendo sulla cultura italiana all’estero non si fa solo un gesto di attenzione verso le comunità italiane nel mondo, ma si opera anche una scelta strategica per la promozione del Paese, delle sue eccellenze, dei suoi valori».
Sergio Scocci, referente per il Belgio dell’Associazione dei lucchesi nel mondo, si domanda se «un padre di famiglia venderebbe la casa che frequentano i figli», ritenendo che «le persone che hanno preso questa decisione non sembrano essere buoni amministratori dello Stato e, anche dal punto di vista economico, vendere l’edificio dell’Istituto Italiano di Cultura è una barzelletta», mentre invita chi di dovere a visitare lo storico edificio ed osservare le numerose attività che vengono svolte e quelle che potrebbero essere ulteriormente implementate, prima di prendere una decisione irreversibile.
Il Made in Italy è il più grande volano di sviluppo dell’Italia. Made in Italy significa bellezza, arte, musica, paesaggio, enogastronomia, cultura, artigianato. La cultura, in particolare, rappresenta quel soft power con il quale si conducono ormai ampiamente le relazioni internazionali oggigiorno, attraendo persone ed investimenti. Pertanto, è triste osservare come si continui a depotenziare proprio la cultura in una logica di risparmio e di razionalizzazione della spesa pubblica del tutto discutibile, considerati i ben più ingenti capitoli di spesa nel bilancio dello Stato, oltre che pensare di fare cassa con la dismissione del patrimonio immobiliare che, una volta alienato, è perduto per sempre.