Vatileaks 2, un processo mediatico

Per la divulgazione dei documenti, condannati mons. Balda a 18 mesi di reclusione e Francesca Chaoqui a 10 mesi con pena sospesa per 5 anni. Assolti il prelato e l'ex pr dal reato di associazione per delinquere per non aver commesso il fatto. Un commento alla sentenza
vATILEAKS 2

Giovedì 7 luglio è stato reso noto il dispositivo della sentenza con la quale il Tribunale dello Stato Città del Vaticano ha: condannato mons. Vallejo Balda a diciotto mesi di reclusione e Francesca Immacolata Chaouqui a dieci mesi di reclusione (con la pena sospesa per quest’ultima), dichiarato il proprio difetto di giurisdizione nei confronti di Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, assolto Nicola Maio per non aver commesso il fatto.

 

I reati contestati per tutti erano connessi alla divulgazione di notizie riservate, specialmente riguardo a questioni economiche ed amministrative della Santa Sede. Il difetto di giurisdizione dichiarato nei confronti dei due giornalisti italiani non permette per ora di approfondire il loro grado di coinvolgimento in eventuali atti contrari alla legge. Le sentenze si basano sulle disposizioni normative, il modo di avere le notizie e come usarle riguarda l’etica di ciascun giornalista. La periodica pubblicazione di libri rivelatori di verità nascoste (quali?) con il dichiarato proposito di aiutare la Chiesa (come?) di fatto non aiuta né a trovare le mele marce (come sta invece facendo efficacemente papa Francesco), né a rafforzare i (molti) che in Vaticano si sforzano di servire la Chiesa.

 

Quando saranno pubblicate le motivazioni della sentenza sarà interessante capire quali meccanismi e quali dinamiche abbiano motivato soprattutto mons. Balda (ricordiamo che ricopriva il grado di sottosegretario della Prefettura per gli Affari Economici, quindi era il numero tre del dicastero, dopo il cardinale presidente ed il vescovo segretario) a divulgare notizie riservate alle quali aveva accesso in ragione del proprio ufficio.

 

Per ciò che riguarda la sig.ra Chaouqui sarà ugualmente interessante conoscere le motivazioni, ma sicuramente il suo profilo e il suo ruolo rendono meno significativo l’approfondimento delle (intuibili) ragioni che l’hanno motivata a commettere i fatti per i quali è stata condannata.

 

In tutto il mondo questo processo è stato visto in connessione con quello che nel 2012 vide imputato il maggiordomo di papa Benedetto, Paolo Gabriele.

 

Effettivamente i reati contestati e il giornalista Nuzzi erano elementi comuni delle due fattispecie, oltre al fatto che l’oggettiva insoddisfazione di alcuni impiegati della Santa Sede e una certa aura di mistero e di trame oscure in Vaticano sono sempre elementi che garantiscono una tiratura elevatissima a chi scrive, unico a trarre grandi profitti da queste operazioni editoriali.

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