Van Thuan, vescovo della speranza
Il Vietnam spaccato in Nord e Sud, le divisioni, l’occupazione della parte settentrionale, gli anni del regime comunista. Sono questi gli avvenimenti che fanno da anticamera agli stravolgimenti della vita del giovane Francois Xavier Nguyen Van Thuan. Nel 1975, la prima grande prova per lui. Siamo a pochi giorni dopo la nomina ad arcivescovo coadiutore di Saigon, quando viene prelevato dalla sede vescovile per essere condotto in prigione. In quegli anni, 13 in tutto di cui 9 in isolamento, scrive, annota voracemente dei pensieri che non può fissare se non in fogli di fortuna. Riuscirà a costruire con quei brandelli di carta un piccolo blocchettino.
Quando nel 1988 viene liberato, Giovanni Paolo II lo nomina vice-presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace. Sarà allora che Van Thuan integra quel corpus di pensieri con quanto dicono le Sacre scritture e i documenti del Concilio Vaticano II. Oggi parte di quei pensieri sono stati selezionati e ordinati secondo il criterio delle virtù nel libro Vivere le virtù alla luce delle Scritture e del Concilio Vaticano II di Città Nuova 2012: un viaggio tra fede, fortezza, umiltà, sapienza e ubbidienza, ma anche speranza. E sono incentrati sulla speranza, i pensieri tratti dal libro che vi proponiamo come meditazione in questo periodo estivo.
«Il cristiano è una luce che brilla nelle tenebre, il sale della vita per il mondo che non ha sapore, la speranza in mezzo a un'umanità che ha perso la speranza.
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo (Mt 5,13-14; cf. Fil 2, 14-15).
«l laici, cioè i fedeli che, incorporati per il battesimo a Cristo, vivono nel mondo. Tocca proprio a loro, penetrati dello Spirito di Cristo, agire come un fermento nelle realtà terrene, animandole dall'interno ed ordinandole in modo che siano sempre secondo il Cristo» (AG 15; cf. LG lO; GS 43 ; AA2).
«San Paolo consigliava sempre ai suoi cristiani di non vivere come coloro che sono senza speranza (cf l Ts 4, 13).
Non vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza» (1 Ts 4, 13).
952. Come cristiani noi attendiamo quella "beata speranza e manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (It 2, 13).
«Poiché dunque tutte queste cose devono dissolversi così, quali non dovete essere voi, nella santità della condotta e nella pietà, attendendo e affrettando la venuta del giorno di Dio, nel quale i cieli si dissolveranno e gli elementi incendiati si fonderanno! E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia» (2 Pt 3, 11-13; cf. At 1, ll; 1 Tm 6, 14-15).
«Stimando quindi che "le sofferenze del tempo presente non sono adeguate alla gloria futura che si dovrà manifestare in noi" (Rm 8, 18; cf. 2 Tm 2, 11-12), forti nella fede aspettiamo "la beata speranza e la manifestazione gloriosa del nostro grande Iddio e Salvatore Gesù Cristo" (Tt 2, 13), "il quale trasformerà allora il nostro misero corpo, rendendolo conforme al suo corpo glorioso" (Fil 3, 21), e verrà "per essere glorificato nei suoi santi e ammirato in tutti quelli che avranno creduto" (2 Ts l, 10»> (LG 48; cf. LG 44; GS 45).
«Molti cristiani lasciano a Dio l'opera di salvezza. Dimenticano che Dio ha loro affidato il compito della salvezza del mondo perché vi collaborino.
Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose cii lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (1 Pt 2,9; cf. Mc 5, 18-20; Gc 5, 19-20).
«Amare Dio significa amare il mondo. Appassionata di Dio, Maria aveva profondamente a cuore il mondo. Sperare in Dio vuoi dire sperare nella salvezza del mondo».