Valutateci tra un anno

Salvatore Martinez, presidente nazionale del Rinnovamento nello spirito replica alle polemiche sui fondi concessi all'Agenzia per il reinserimento di detenuti ed ex detenuti, da lui promossa e presentata  con il ministro Alfano.
Salvatore Martinez

In fondo se l’aspettava, Salvatore Martinez presidente del Rinnovamento nello spirito e della fondazione "Mons. F. Di Vincenzo", che ieri al ministero di Grazia e giustizia ha presentato AnRes, la prima Agenzia Nazionale Reinserimento e Lavoro per detenuti ed ex detenuti. Le polemiche attorno ai circa 5 milioni di euro ricevuti per lo sviluppo del progetto «sarebbe sorte inevitabilmente», ha precisato il presidente di uno dei più numerosi movimenti cattolici italiani. In un periodo di crisi e di tagli un così importante finanziamento pubblico sostenuto sia dal Guardasigilli Alfano che da Francesco Ionta, capo del dipartimento di amministrazione penitenziaria,  interroga e richiede chiarimenti. Abbiamo domandato allo stesso Martinez di illustrarci i punti controversi della vicenda.

 

Dott. Martinez, perché il ministro Alfano ha scelto voi e non altre associazioni che già da anni operano all’interno delle carceri?

«Preciso che il progetto non è solo della fondazione ,ma mette in rete varie associazioni che hanno maturato esperienze forti nel campo della detenzione carceraria. La vera novità dell’Agenzia è che nasce da un gruppo che si è messo assieme per un progetto concreto. E questo viene letto come un cartello cattolico che voglia in qualche modo diventare lobby, ma in realtà siamo aperti al contributo e alla collaborazione con tutti. Abbiamo forse scomodato equilibri e interrogato ideologie escludenti anche nel settore sociale».

 

Fare rete nel volontariato è letta come sfida?

«Non c’è nessuna sfida. Questo sistema reticolare ha evidentemente convinto la cassa delle ammende più di altri progetti presentati da singoli in Parlamento. E poi sono state raccolte voci critiche di chi lavora in carcere da tempo e ha maturato una grande esperienza nel settore. Noi li rispettiamo e non vogliamo scavalcare nessuno ma vogliamo occuparci non solo di chi è detenuto ma anche degli ex. Loro sono cittadini liberi, ma senza tutela sociale e sulla loro condizione i progetti sono veramente pochi».

 

Qualcuno sostiene che sia lei che il ministro Alfano siete siciliani e questo ha in qualche modo influito sul finanziamento…

«Siamo entrambi siciliani, è vero, ma io sono di Enna e il ministro è di Agrigento. Il nostro progetto è stato presentato quando Guardasigilli era Castelli e quindi un ministro non siciliano. Da questo finanziamento il Rinnovamento nello spirito non guadagnerà alcunché, anzi contribuirà con proprie risorse a che l’Agenzia funzioni meglio. Il progetto nato a Caltagirone non è costato nulla allo Stato e continuerà a non costare. Il 60% dei fondi resterà all’interno dell’Agenzia e il resto servirà per la formazione e protocolli con le agenzie esterne».

 

Voi però siete molto piccoli in questo settore?

«Sì e no. Anrel nasce comunque da un’esperienza pilota che c’è e funziona. Basta venire a Caltagirone. Nel nostro progetto parliamo di sviluppo e quindi bisogna crescere e per questo il partenariato con altri movimenti e associazioni è importante, anche con quelle straniere. Noi con responsabilità e coraggio vorremmo costringere lo Stato a fare quello che deve fare verso questi soggetti deboli e questo senza creare sospetti. Ai giornalisti e non solo direi: valutateci tra un anno e dateci modo di lavorare; poi parliamo sui risultati concreti».

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