Valentino Vago pittore del paradiso

Viaggiare nel paradiso. È il nucleo della poesia di un pittore astratto come il milanese Vago,da poco scomparso a 86 anni.

Fino al 24 di questo mese nella cripta del Duomo vecchio di Brescia, l’antica chiesa romanica, si possono percorrere con lui le tappe di un itinerario nell’Empireo con le suggestioni dei versi danteschi che certo l’artista deve aver avuto così presenti da rendercene una immagine visiva profonda. Senza corpi, senza forme fisiche, solo un cammino spirituale nel colore e nella luce.

Ma nulla di pesante, di aggressivo. Siamo in un cosmo immateriale, dove l’anima è espressa come luminosità delicata e intensa che viaggia tra tinte pacifiche e pacificanti.

Le volte romaniche suggellano ed accompagnano un’arte fatta di silenzi, di musica spirituale che penetra nell’anima, la costringe soavemente a soggiornare a lungo, la soggioga e la porta alla contemplazione del mistero. Che sembra visibile “facile”. La prima tela rappresenta in alto le due mani michelangiolesche di Dio e di Adamo sullo sfondo violaceo del senza-tempo, cui sottostanno le tracce della vita: la storia dell’umanità, di ogni uomo.

Poi, si passa alla fine del tempo: dal mare perlaceo si eleva un cielo sconfinatamente  azzurro, la dimensione dell’entrata nel regno celeste. Subito appare  la realtà soprannaturale: bianco, giallo nella luce, come persone spirituali fluttuanti: i santi?. Poi, al centro della cripta sotto il catino dell’abside un tempo affrescata,  l’ingresso della Trinità. E qui il canto XXXIII di Dante viene in aiuto. Sull’oro densissimo il profilo del Crocifisso si staglia come una lama dolcissima invasa dal bagliore della luce: “iri da iri”, arcobaleno da arcobaleno, direbbe Dante. Si passa alla calma di un celeste fra le nubi delicate ed è naturale “vedervi” Maria,  per chiudere con il rosso fuoco, temperato dal lume, che è lo Spirito .Così si è viaggiato dentro i l cuore del Cielo.

È un’ arte che prende,  dà significato all’astrazione, termine però qui improprio. Non di astrazione si tratta, ma di visione di realtà spirituali. L’arte romanica che le contiene è l’ambiente  giusto per toglierci ogni residuo di umana stanchezza o superficialità, e portarci all’immersione di quello che è l’Infinito e il suo mondo.  Da non perdere. (Collezioni Paolo VI)

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