Vado a vivere da sola
“Sono una ragazza di 28 anni: per la società sono una donna, per mia madre sono una bambina. Ho un lavoro fisso, non ho un fidanzato e vivo con i miei genitori. “Sento il bisogno di spiccare il volo dal nido e costruire con le mie mani il mio futuro. Ho deciso quindi di abbandonare la famiglia per vivere da sola. Mia madre non ha accettato serenamente questo mio slancio di intraprendenza e tuttora si dichiara in guerra con me: mi nega un sorriso, e mi attacca ogni volta che capita l’occasione, dicendomi che “non sta bene uscire di casa prima del matrimonio”, “che me ne pentirò”” “Senza il consenso di mia madre, pensando che la sto facendo soffrire, non riesco a vivere serenamente la mia scelta. Vorrei che capisse che non sono più una sua proprietà (come quando ero piccola). È una situazione, questa, che coinvolge molti miei coetanei, ma solo qui in Italia, il paese delle mamme possessive. “Vorrei una vostra opinione “. Ilaria Non c’è crescita affettiva dell’uomo, – dicono i pedagogisti – se, dall’attaccamento iniziale del bambino ai genitori, non si giunge alla separazione. E questo è un percorso lungo segnato da tappe successive, ma inesorabili e irreversibili. Esso deve condurre alla completa indipendenza della persona. I genitori lo sanno, sebbene alle volte, pur lamentandosi della scarsa autonomia dei figli, finiscono per limitarne l’emancipazione. Mi ha colpito una valutazione offerta da una rivista specialistica: “In una convivenza prolungata tra genitori e figli adulti” – afferma la consulente familiare Gabriella Battilana -, “sia che il rapporto sia conflittuale o sereno, violento o di mutuo soccorso, vi è una anomalia, ed è destinata a manifestarsi, magari all’improvviso quando tutto sembrava tranquillo, perché qualcuno deve sacrificarsi”. Mi sembra dunque che la tua esigenza di costruire il futuro con le tue mani risponda ad una spinta naturale e valida. Il lavoro ottenuto ti ha resa indipendente economicamente, e ti sembra di non possedere interamente la tua vita, finché qualcuno avvia la lavatrice, pensa alle bollette, alla cucina, tutto per te. Essere indipendenti è il primo passo verso l’autonomia. Tuttavia bisogna imparare ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte in modo maturo e consapevole, anche se possono non essere condivise dai genitori. Occorre conquistare cioè, e spesso è più difficile, un certo distacco psicologico. Mentre potresti sforzarti di vincere inutili atteggiamenti di critica e sensi di colpa, cerca di aiutare tua madre a trovare uno spazio suo: dedicarsi ad un interesse personale, aprirsi agli altri forse la aiuterà a capire la tua scelta, offrendole occasioni perché possa imparare anche lei a divenire indipendente da te. D’altra parte, se lei ti vedrà sempre più attenta ai suoi bisogni, alle sue esigenze, capirà che il tuo allontanamento da casa sarà solo una distinzione e il rapporto profondo esistente tra voi non potrà essere incrinato dalle distanze. GIOVANI E SOCIETÀ “Di fronte al disimpegno della società nei loro confronti (scarsità degli investimenti della politica, dell’economia, del mercato), i ragazzi di questi ultimi anni – secondo Giuseppe Roma, direttore del Censis -, si sono dati molto da fare: hanno messo da parte le passioni e si sono rimboccati le maniche, adeguandosi ai nuovi lavori”. Tuttavia soltanto il 38 per cento dei trentenni riesce ad andare avanti giorno dopo giorno senza chiedere i soldi ai genitori. È così che 60 giovani su cento continuano a vivere a lungo sotto il tetto natale. Disoccupazione, carenza di abitazioni inducono a tale scelta. Ma, soprattutto, si dice, la scarsa volontà di mettersi in gioco. La tendenza a rimanere in famiglia, piuttosto che ad andare a vivere da soli, è cresciuta anche tra i giovani inglesi. Ciò è dovuto, spiega una ricerca britannica, condotta da Roger Wicks, non solo all’aumento delle spese universitarie e immobiliari, ma ad un rafforzamento dei legami familiari. LETTURE IN FAMIGLIA SARA OMACINI, “Le comunità di famiglie”. Una risorsa da scoprire, San Paolo, pp.160, 9,50. Oggi, quasi in silenzio e senza far notizia, sorgono ovunque movimenti di comunità di famiglie. Crescono a macchia d’olio e, pur con caratteristiche diverse, rispondono al bisogno di “umanità” che tutti avvertono. L’A. presenta queste comunità di famiglie soprattutto come “risorsa da scoprire” per il loro valore educativo, per le qualità di relazioni che rendono possibile. L’argomento è inquadrato bene e vengono descritte con attenzione alcune di queste comunità, con una raccolta ed una valutazione critica dei loro aspetti propositivi.