Vademecum ecumenico, intervista al card. Koch
Incoraggiare e guidare i vescovi cattolici nel servizio di promozione dell’unità dei cristiani è lo scopo del documento del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, “Il Vescovo e l’unità dei cristiani: Vademecum ecumenico“. Abbiamo intervistato il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
Eminenza, nella prima parte del Vademecum si parla di un «rinnovamento della Chiesa nella sua vita e nelle sue strutture». Quali sono le strutture ecclesiali che devono essere rinnovate?
Il vescovo è il primo responsabile dell’ecumenismo nella sua diocesi, ma non può fare tutto: deve avere un delegato nella sua diocesi per promuovere l’unità nella Chiesa cattolica. Poi, è molto importante che le Conferenze dei vescovi abbiano una Commissione per l’ecumenismo anche per promuovere questa realtà nelle nazioni e avere contatti con le altre Chiese. Il delegato del vescovo e la Commissione nella conferenza dei vescovi mi sembrano molto importanti.
Nel testo si parla della «sfida della ricezione». A suo parere, quali sono le sfide che si dovranno affrontare nella ricezione e attuazione di questo Documento?
La ricezione è una cosa molto importante perché il Decreto sull’ecumenismo Unitatis Redintegratio dice che tutti i membri della Chiesa cattolica hanno il compito di partecipare al movimento ecumenico. Un proverbio tedesco dice che «la carta rimane paziente», la carta è soltanto carta. Una ricezione nella mente dei credenti non ha successo. In questo senso è molto importante la ricezione soprattutto di tutti i credenti per capire che cosa ha fatto il movimento ecumenico, quali sono gli sviluppi.
Come riuscire a coinvolgere i giovani a impegnarsi attivamente a promuovere l’unità dei cristiani?
Questo Vademecum è soprattutto un testo per i vescovi ma anche per tutti i membri della Chiesa cattolica. È importante sapere quale sia il compito del vescovo perché è il primo responsabile dell’ecumenismo nella sua diocesi, ma tutti sono responsabili. Per coinvolgere i giovani a impegnarsi attivamente a promuovere l’unità dei cristiani mi sembra che sia molto importante l’ecumenismo spirituale, pregare per l’unità perché il fondamento dell’ecumenismo è la preghiera sacerdotale di Gesù. Nel vangelo di Giovanni Gesù prega perché i suoi discepoli siano una cosa sola. Anche l’ecumenismo della carità è molto importante: avere relazioni amichevoli, fraterne con i rappresentanti di altre Chiese e includere i giovani in questi momenti.
In che modo i cristiani possono lavorare insieme, come raccomanda il Vademecum, per combattere «l’antisemitismo, il fanatismo religioso e il settarismo»?
In primo luogo è molto importante che la Chiesa cattolica combatta l’antisemitismo, il fanatismo religioso e il settarismo e poi che lo faccia insieme con gli altri cristiani, con le altre Chiese. Mi sembra importante quello che ha detto papa Benedetto XVI nella sua omelia all’inizio della Conferenza plenaria del vescovi dell’America Latina e dei Caraibi: «La Chiesa cresce non per proselitismo ma per attrazione» e papa Francesco cita spesso questa frase. È un esempio di come fare la nuova evangelizzazione, l’annuncio del Vangelo nel mondo di oggi: non per proselitismo ma per attrazione. Questo mi sembra un buon esempio per tutto l’ecumenismo per combattere l’antisemitismo, il fanatismo religioso e il settarismo. Se la Chiesa cattolica e l’ecumenismo non fanno queste cose è una controtestimonianza.
Nel Documento si parla di ecumenismo culturale: c’è un progetto culturale comune che è riuscito particolarmente bene?
L’ecumenismo culturale è molto importante perché molte radici di divisione e di problemi nella storia non sono stati in primo luogo di natura teologica ma di natura culturale, per esempio la divisione tra Ovest ed Est era soprattutto una questione di cultura e avere una migliore conoscenza della cultura dell’altro è molto importante. Abbiamo una commissione culturale con il Patriarcato della Chiesa ortodossa russa in Mosca e abbiamo molti progetti. Ogni anno facciamo una riunione per riflettere su cosa possiamo fare: esposizioni dell’arte, della cultura di Mosca a Roma e, per esempio, un evento molto importante secondo me è stato, due anni fa a Roma, un concerto comune del coro del Vaticano e del coro del Patriarcato di Mosca. Hanno cantato insieme ed è stato un evento molto bello.
In che modo l’enciclica Fratelli tutti può aiutare il percorso di unità dei cristiani?
In primo luogo l’enciclica Fratelli tutti ha come tema il dialogo interreligioso, non il dialogo ecumenico, ma il dialogo ecumenico vuole promuovere l’unità tra i cristiani e tra questi scopi dobbiamo vedere anche l’unità dell’umanità. Ritrovare l’unità tra i cristiani vuole essere un contributo per ritrovare l’unità dell’umanità, come dice il Concilio Vaticano II nella costituzione dogmatica Lumen gentium, nell’articolo 1: la Chiesa è sacramento per il rapporto con Dio e per tutta l’umanità. In questo senso il movimento ecumenico può aiutare ad approfondire l’unità fra tutti gli uomini. L’ecumenismo può essere un bell’esempio per aiutare il percorso di unità di tutti gli uomini, che è lo scopo dell’enciclica Fratelli tutti.