Vaccini e polemiche

Gli effetti collaterali del Vaxevria (prodotto dalla casa farmaceutica Astrazeneca) non sono una nuova notizia
Un'operatrice sanitaria prepara un'iniezione di un vaccino contro il COVID-19 durante una campagna di vaccinazione gratuita a Bangalore, India, il 4 maggio 2022. Foto: EPA/JAGADEESH NV via Ansa

Negli ultimi giorni sono state diffuse notizie di cronaca relative agli effetti collaterali del vaccino per SARS_COV_2 “Vaxevria”, prodotto dalla casa farmaceutica Astrazeneca. In particolare, si fa riferimento alle complicanze tromboemboliche occorse con la prima dose di questo prodotto vaccinale, prevalentemente in soggetti al di sotto dei 60 anni, con forte prevalenza del sesso femminile.

In molti articoli comparsi online il fatto viene presentato come un evento nuovo, facendo riferimento ad “ammissioni” dell’azienda o “indiscrezioni” che sarebbero trapelate solo dopo molti mesi, suggerendo che vi siano stati fenomeni di scarsa trasparenza o insabbiamento dei casi. In realtà, la problematica del verificarsi di rari effetti collaterali gravi di questo tipo (circa 0,5-1 caso ogni 100.000 dosi di vaccino) è nota fin dalla prima metà del 2021.

Come si può facilmente verificare in rete al 4 aprile il database Eudravigilance riportava già questi tassi di segnalazione, relative a ben 34 milioni di dosi di Vaxzevria somministrate. Il fenomeno era stato approfondito ampiamente dalle varie agenzie nazionali del farmaco, fra le quali AIFA, che il 25 maggio 2021 pubblicava l’esaustivo rapporto di un gruppo di lavoro di esperti “Complicanze tromboemboliche post-vaccinazione anti-COVID-19 con Vaxzevria (ChAdOx1 nCov-19, AstraZeneca) o con COVID-19 Vaccine Janssen (Ad.26. COV2.S, Johnson & Johnson)”.

L’ipotesi più accreditata rimane quella dell’interazione fra le componenti del vaccino a vettore virale (che sfrutta l’involucro di un virus inattivato per veicolare il prodotto vaccinale nelle cellule) e il sistema immunitario umano. Si tratta di un effetto collaterale grave e raro, ma non sconosciuto, avendo molti elementi in comune con alcune forme trombotiche con base autoimmunitaria o indotte da altre tipologie di farmaci (come l’eparina) o vaccini.

Fu proprio a causa di questi studi e rapporti, ampiamente diffusi sia fra gli esperti sia fra il grande pubblico, che l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha messo a punto, nello stesso periodo del 2021, una analisi rischio/beneficio basata sulle condizioni epidemiologiche (rischio di ammalarsi) per l’utilizzo di questo prodotto nelle persone sotto i 60 anni.

Lo strumento ha coadiuvato i sistemi sanitari dei diversi Paesi di adeguare le proprie strategie per proteggere i cittadini, considerando che in ogni scenario disponibile i benefici dell’uso del prodotto vaccinale superavano ampiamente i rischi di questi eventi avversi.

Non bisogna dimenticare infatti il contesto di quel periodo, nel quale la malattia da Sars-COV-2 circolava in una popolazione del tutto indifesa e la produzione di vaccini a m-RNA era ancora limitata e non facilmente reperibile per i sistemi sanitari.

Con il proseguire della campagna e la disponibilità crescente di prodotti vaccinali privi di questo potenziale rischio la problematica è scivolata sotto la soglia dell’attenzione, fino a tornare di attualità in questi giorni, sull’onda delle notizie legate ai casi giudiziari per il risarcimento di questo tipo di danni nel Regno Unito. L’ammissione ufficiale dell’azienda del problema (già noto) anche in sede giudiziaria sta facendo passare la questione per una novità assoluta, con i consueti risvolti complottistici e polemistici.

Ad alimentare le fiamme, la notizia, contemporanea, del ritiro del prodotto vaccinale, mossa motivata con ragioni di carattere commerciale. Quale che siano le ragioni della multinazionale, e senza nulla togliere al sacrosanto diritto di chi ha subito un evento avverso di avvalersi delle tutele e dei risarcimenti previsti dalle normative dei diversi Paesi, il caso Vaxevria rimane un esempio virtuoso di come funzionano i sistemi di vigilanza farmacologica e di allerta sanitaria.

La disponibilità di informazioni tempestive su eventi a bassa incidenza (che verificandosi in un caso su molte migliaia o milioni di persone non possono essere scoperti prima dell’uso estensivo di un prodotto) è attiva su tutti i farmaci e i vaccini e permette di prevenire danni che, anche se rarissimi, possono essere evitati.

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