Una vacanza al servizio dei rifugiati di Atene
A prima vista potrebbe essere considerato un modo bizzarro di trascorrere parte delle proprie vacanze estive. 10 amici di età diverse si ritrovano per 10 giorni ad Atene, per un’esperienza di vacanza e servizio in Grecia. Abbiamo chiesto ad Agostino, Benedetta, Daniel, Davide, Giorgio, Giuseppe, Luca, Mario, Myriam e Simone di raccontarci, con 10 parole, quanto hanno vissuto.
1) Andare. Perchè andare ad aiutare chi ha bisogno… proprio ad Atene?
Alex, un amico greco, ci ha invitati ad andare a conoscere il suo Paese. Da subito ci è sembrata l’occasione per fare qualcosa di più della solita vacanza. Oggi abbiamo possibilità uniche per viaggiare e conoscere realtà difficili, vivendole in prima persona e sporcandoci le mani a nostra volta. L’invito di Alex ci ha fatto pensare ad una vacanza solidale, in cui provare a capire, ascoltare, imparare e vivere la realtà delle migrazioni che stanno coinvolgendo la Grecia.
2) Arrivare. Siete stati doppiamente stranieri: vi siete trovati ad aiutare immigrati in una terra che non è la vostra. A sentirla sembra un’esperienza spiazzante, in che modo l’avete vissuta?
In realtà siamo stranieri ogni giorno. Straniero non si riferisce solo a chi viene da un altro Paese, ma vuol dire anche più genericamente estraneo. Se straniero è qualcuno o qualcosa che non mi è ancora familiare, ogni volta che interagisco con persone e luoghi che non conosco ho a che fare con ciò che è diverso da me e non conosco. Nel caso di Atene, le associazioni con cui abbiamo collaborato ci hanno aiutato a familiarizzare fin da subito con la realtà delle migrazioni in Grecia. In questo modo, nel giro di qualche ora siamo passati da stranieri a braccia, menti e cuori al lavoro in diversi luoghi della città.
3) Agire. In cosa è consistita la vostra esperienza?
Partendo da Milano sapevamo perchè stessimo andando ad Atene e a quali necessità saremmo andati incontro. Le attività però le abbiamo scoperte strada facendo e sono state delle più varie: cucinare per i senzatetto, trascorrere serate insieme a loro, portare generi di conforto alle persone in strada, trascorrere pomeriggi di gioco con bambini siriani… Con loro, le attività che avevamo pensato a tavolino hanno lasciato subito spazio all’improvvisazione e a conversazioni fatte di gesti e accompagnate da poche parole in inglese, francese, arabo o italiano.
4) Mescolare. Vi siete ritrovati in 10, minorenni e maggiorenni. Avere insieme persone di età e vissuti diversi ha influenzato in qualche modo la vostra esperienza ad Atene?
Come ogni esperienza, è stata unica ed è stato unico l’equilibrio che abbiamo formato tra noi. La sfida più alta è stata pensarci ed agire come squadra, ciascuno con le proprie responsabilità al servizio degli altri. Lo sforzo costante ci ha aiutati a discutere, chiarirci e riconciliarci con generosità. Ovviamente non è stato qualcosa di immediato, ma è diventato sempre più naturale grazie alla condivisione di ogni aspetto delle giornate – dalla pianificazione delle attività del giorno fino alle esigenze più concrete.
5) Collaborare. Quali associazioni avete incontrato durante la vostra esperienza?
Per le attività abbiamo collaborato con Caritas Hellas e la ong Ararat, oltre ad aver ricevuto appoggi logistici dalla Chiesa armeno-cattolica di Atene, dalla Comunità Giovanni XXIII e dal Movimento dei Focolari. Ci siamo trovati a vivere nelle sedi delle diverse associazioni con tante persone, volontari come noi provenienti da diverse parti d’Europa e persone assistite: giovani profughi siriani, una famiglia afghana, una madre polacca finita per strada con il figlio pochi giorni prima… Tutti insieme in spazi che abbiamo reso man mano un po’ casa nostra, anche con momenti conviviali inattesi.
6) Scoprire. Avete trovato qualcosa che vi ha sorpreso?
Ci ha colpito come, tra i quartieri residenziali e i siti archeologici, Atene nasconda tante storie di sofferenza, ma anche persone che si impegnano in prima persona per assisterle. Portiamo con noi i tantissimi incontri, pianificati e casuali, fatti nelle strutture di accoglienza e per strada: con gli operatori della Caritas, l’archimandrita della Chiesa ortodossa, ma soprattutto con molti rifugiati e senzatetto. Sono uomini e donne, giovani e anziani, greci e stranieri, ciascuno con una situazione difficile che abbiamo solo potuto sfiorare. Eppure sentiamo di aver davvero potuto incontrare e lasciarci incontrare dall’altro, intrecciando storie e bisogni anche solo per qualche minuto.
7) Sopportare. C’è stato qualche momento particolarmente difficile?
Non sempre è stato facile interagire con le tante persone incontrate, a causa delle molte barriere linguistiche. In alcuni casi, occorreva tradurre in due lingue per farsi capire! Difficile è stato anche il lavoro fatto per due giorni nella zona in cui stavano avvenendo gli incendi: ci siamo trovati a raccogliere aghi di pino, facendo un lavoro che, a differenza di altri momenti, non ci ha dato in cambio né sorrisi né ringraziamenti.
8). Conoscere. Grecia e Italia sono Paesi affini, entrambi in prima linea nell’affrontare le migrazioni degli ultimi anni. Avete notato somiglianze?
In Italia si parla molto di immigrazione, ma la situazione in Grecia sembra molto più critica. Ad Atene si vedono lunghe file davanti alla Caritas, uomini seduti sui marciapiedi che cercano di contattare vari uffici via Skype per regolarizzare la propria posizione; ma abbiamo anche visto famiglie che condividono una sola stanza e ragazzi che escono per strada con cautela per timore di essere fermati dalle autorità. Forse questo avviene allo stesso modo anche in Italia, ma sicuramente torniamo da questa esperienza con la voglia di essere più attenti a un fenomeno che spesso per noi è quasi invisibile.
9). Diffondere. La vostra è un’esperienza che ripetereste o fareste vivere anche ad altri? E stato difficile organizzarla?
Sicuramente è un’esperienza che consigliamo ad altri volenterosi! È un’occasione unica per fare servizio e conoscere in prima persona come funziona l’accoglienza ai migranti. I contatti con le tante associazioni permetterebbero di ripetere quest’esperienza coinvolgendo più persone e capendo meglio in che modo utilizzare i talenti a disposizione. Invece, grazie a internet e ad alcune app è stato possibile risolvere facilmente tutte le esigenze logistiche, riuscendo a contenere molto i costi del viaggio e permettendoci anche di organizzare alcuni momenti di svago ad Atene e dintorni.
10) Ritornare. Tornati in Italia, cosa mettereste a frutto di questa esperienza?
Ci vengono in mente tre cose: riconoscere l’enorme lavoro portato avanti quotidianamente da altre associazioni e movimenti, fare squadra con loro e far conoscere queste esperienze ad altri ragazzi. Ci sembra preziosa la possibilità di sporcarsi le mani con una sfida sociale di grande attualità, conoscendo i volti e i vissuti delle persone che le danno vita.