Dove va la guerra in Ucraina?
Dopo un periodo di stanca delle notizie provenienti dal fronte ucraino, dopo il continuo bombardamento di missili di vario genere e di varie generazioni lanciati dalla Russia sugli avversari, dopo l’ennesimo cambio ai vertici dell’esercito di Mosca, dopo la fragilissima tregua unilaterale di qualche ora appena per il Natale ortodosso del 7 gennaio… dove sta andando la guerra del Donbass e della Crimea? Difficile dirlo, al solito.
Alcuni elementi cono comunque più o meno certi: sta arrivando sul campo di battaglia l’onda d’urto della chiamata alle armi dei riservisti russi, iniziata quasi 6 mesi addietro, cioè 300 mila soldati che, nonostante i problemi logistici, le strategie incerte e le continue congiure di palazzo che scuotono i vertici dell’esercito russo, hanno e avranno il loro peso, sapendo che sul terreno in totale i due schieramenti contano poco meno di un milione di militari.
Allo stesso tempo, appare chiaro che la coesione degli ucraini non sembra conoscere cedimenti di sorta; anzi, più la Russia si accanisce coi missili sulle grandi città e sui trasformatori elettrici, più il popolo ucraino sembra determinato ad arrivare sino alla vittoria. Ne ha le forze? Questa è la grande incognita. Sembrerebbe di no, senza però considerare lo smarrimento logistico di tanta parte dell’esercito russo: sono più forti e numerosi i soldati di Mosca, ma meno determinati.
Altra certezza: la forza d’urto più importante dalla parte russa sembrano ormai essere le milizie della Wagner, la società di azione militare guidata dall’oligarca russo Prigozhin, intimo di Putin, e forte di un esercito estremamente determinato, anche se composto da mercenari, da carcerati inviati al fronte e da gente che non ha nulla da perdere. Nell’attuale battaglia di Soldedar, i contractor della Wagner paiono essere la vera testuggine dell’esercito di Mosca.
Ancora, sembra che gli occidentali, la Nato e l’Unione europea non conoscano cedimenti maggiori nel sostegno all’Ucraina, esempio su tutti la nostra Italia meloniana, che sembra mantenere una forte coesione nell’appoggio politico a Kyiv e nell’invio delle armi promesse. Da talune parti, anche alla Nato, si ammette che le forniture di armi all’Ucraina stiano diminuendo le riserve d’armi strategiche a disposizione dei diversi Paesi, ma ciò non sembra scalfire il fronte occidentale. Semmai è un incitamento a produrre ancora più armi di quanto non si stia facendo. Purtroppo.
Ancora, il Generale Inverno ha rallentato in qualche modo il ritmo dei combattimenti e delle corrispettive avanzate ed arretramenti. Ma il clima non è mai troppo rigido, quest’anno, cosicché sembra aver sì permesso ai due eserciti di rafforzare le proprie posizioni senza avanzare, ma ora qualcosa si sta movendo, soprattutto sul quadrante di Donetsk, per cui con un paio di mesi di anticipo si assiste e si assisterà a qualche attacco inizialmente previsto più tardi, all’inizio della primavera.
Detto tutto ciò, va anche ricordato che i principali osservatori ritengono che nella prossima primavera potrebbe presentarsi un fatto nuovo: di fronte a una situazione di sostanziale stallo nei combattimenti e nelle avanzate, dinanzi alle gravissime perdite umane e di mezzi cui sono sottoposti entrambi gli schieramenti (siamo ormai oltre i 100 mila morti complessivi), le due parti di potrebbero vedersi costrette a sedersi a un tavolo di trattativa, magari ad Ankara o, meno probabilmente, a Parigi, onde arrivare a un compromesso accettabile per le due parti.
Dove si situerà lo spartiacque? Forse nella cessione “definitiva” della Crimea e nella neutralizzazione del Donbass, che potrebbe restare formalmente ucraino, ma sotto il controllo di forze d’interposizione, salvo restando la garantita possibilità concessa ai russi di accedere alla Crimea via terra ferma. Nulla però è meno certo, perché attualmente nessuno dei due schieramenti si dice disposto a tali concessioni, che risulterebbero umilianti per i rispettivi governanti. Se questi sentimenti prevarranno nei rispettivi schieramenti, il negoziato non si farà e la guerra si protrarrà a lungo ancora.
__