Va in scena la storia di Maria Concetta Cacciola

Lo spettacolo, dal titolo "O cu nui o cu iddi", va in scena oggi a Roma, nell'ambito delle iniziative per il 25 aprile, e racconta una tragica e vera storia di 'ndrangheta, ma anche di denuncia e di riscatto
Angela Corica

Appare nel buio ed è da sola, con lei ci sono le sue parole e la sua voce, quella dell'attrice che le ridà vita e quella vera che riecheggia dalle registrazioni originali delle intercettazioni. E rimane così sola sul palco, accompagnata a tratti dalla musica dal vivo, per tutto il tempo a raccontare la sua storia fino alla fine. Sola, così come lo fu nella vita reale, allontanata da tutto e segregata tra le mura domestiche dalle stesse persone che in genere ci dovrebbero proteggere. Ma Maria Concetta Cacciola protetta dai propri cari non lo fu mai, anzi. Nel suo caso sono stati proprio loro origine di dolore e di morte.

A Rosarno, suo paese d'origine, la sua infatti è una famiglia di 'ndrangheta che non conosce altre regole se non i traffici illeciti, la paura e il sangue, perché ci sono solo due spazi possibili, e un confine ben netto che separa i due mondi e un'unica scelta da fare: “O cu nui o cu iddi”.

O cu nui o cu iddi” è proprio il nome dello spettacolo teatrale che giovedì verrà messo in scena nella Biblioteca “Franco Basaglia a Roma e inserito come uno degli appuntamenti per i festeggiamenti del 25 aprile, a ricordo della lotta della Resistenza. A voler raccontare questa storia, scritta con caparbia volontà, sono un gruppo di giornalisti: Laura Aprati (giornalista e aiutrice Rai), Enrico Fierro firma del giornale "Il fatto quotidiano", Angela Corica, giovane giornalista calabrese assieme alla collaborazione di Francesco Perrella – fondatori tra l'altro dell'associazione Malitalia. Carte giudiziarie alla mano, gli autori hanno ridato vita e voce a Maria Concetta Cacciola, figlia e moglie di 'ndranghetisti, collaboratrice di giustizia, morta bevendo acido muriatico.

“L'idea dello spettacolo nasce dalla volontà di raccontare la storia di questa giovane donna, Maria Concetta Cacciola, nata e cresciuta in una famiglia di mafia, a Rosarno, in provincia di Reggio Calabria – racconta la giornalista Angela Corica -. Ancora minorenne è costretta a sposarsi con un uomo che non amava, per allargare il potere della propria famiglia. Da questo matrimonio sono nati tre figli”.

Ma la vita di Cetta, così come la chiamavano, si rivela sin da subito infelice, costretta tra le mura di casa dalla famiglia, i Cacciola, parenti della potente cosca Bellocco di Rosarno, e col marito in carcere e si ritrova a dover crescere i figli da sola. Il suo unico contatto col mondo esterno è internet e grazie a questo strumento conosce sul web un uomo di cui si innamora. Incontri virtuali che le fanno sognare la libertà e vedere una vita diversa da quella che ha sempre conosciuto.

L'amore per quest'uomo, ma anche per la libertà e la voglia di un'esistenza migliore per sé e i figli, le danno la forza di denunciare la propria famiglia ai carabinieri e a raccontare i traffici illeciti dei Cacciola. Un tradimento che non le sarà perdonato. Nemmeno dalla madre, Anna Rosalba Lazzaro, di cui Maria Concetta si è voluta fidare fino alla fine. È proprio lei che in una intercettazione dice a Cetta che sta sbagliando, che deve ravvedersi, che “quelli” (le forze dell'ordine) le stanno facendo il lavaggio del cervello e che deve fare una scelta “o cu nui (la famiglia, la 'ndrangheta) o  cu iddi (i magistrati e i carabinieri, la nuova vita che Cetta voleva costruirsi).

Maria Concetta però porta resiste: collabora con la giustizia, entra nel programma di protezione e si sposta in diverse città dell'Italia. Alla fine però, attirata anche da un inganno della madre, torna a Rosarno per i figli. Qui chiede di nuovo aiuto alle forze dell'ordine, lo confida alla madre, ma muore pochi giorni dopo ingerendo acido.

Sin dal primo processo le carte diranno che quel tragico evento non si deve inquadrate come suicidio, ma come omicidio. Il padre, la madre e il fratello sono stati condannati in primo e secondo grado per violenza privata. Per loro sono pesantissime le accuse: concorso in violenza privata e minaccia per costringere Cetta a ritrattare le dichiarazioni rese ai magistrati reggini. Adesso la parola spetterà alla Cassazione che potrebbe anche chiarire se Maria Concetta si è tolta la vita o se è stata assassinata.

Ma forse in quella stessa solitudine Cetta, interpretata dall'attrice Sylvia De Fanti sulle musiche di Paolo Damiani, rivive con tutta la prepotenza del suo gesto di libertà si riappropria di una identità da protagonista che la sua famiglia le ha negato. È Cetta che si racconta in prima persona, una donna che ha la forza di opporsi alla 'ndrangheta, una luce che emerge dal buio di violenza e di morte. Perfino la propria.

“Vogliamo portare in giro questo spettacolo – spiega Angela Corica – perché il ricordo di questa giovane donna sia da esempio e stimolo per tutte le generazioni che verranno, perché i ragazzi comincino a scegliere di stare dalla parte della giustizia e non della mafia. Purtroppo per me la storia di Maria Concetta Cacciola – conclude l'autrice dello spettacolo – significa che ancora vi è la presenza forte in Calabria di una 'ndrangheta che per difendere l'onore e mai l'amore colpisce anche i parenti più stretti. Storie che ci sembrano lontane e che invece sono più che mai attuali”.

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