Uzak

In questa sua opera, giustamente multipremiata a Cannes nel 2003, il turco Nuri Bilge Ceylan, si esprime con i toni crepuscolari di una Istanbul innevata, le cui gelide strade sembrano percorse da fantasmi. Una Turchia non turistica, vicina alle atmosfere europee, anche per i problemi delladisoccupazione giovanile, della solitudine dei singoli e delle difficoltà di rapporto tra le persone. Una situazione, cui allude la desolante immagine della nave inclinata nel porto e ricoperta di ghiaccio. Due sono i protagonisti, un fotografo professionista e il suo giovane cugino. Accomunati dal senso di lontananza dalle lori madri malate, dalle donne in generale, con cui non riescono a legare, e da quanto vorrebbero realizzare nelle loro vite, finiscono per sentirsi lontani anche fra loro. Il fotografo, che avrebbe voluto diventare regista e imitare Tarkovskij, afferma che oggi la fotografia è morta. Tarkovskij, di cui vediamo lente sequenze tratte da Stalker e da Solaris faceva intuire la presenza nella coscienza delle colpe commesse e, insieme, una via spirituale verso il riscatto. Anche in Uzak esiste la tensione ad andar oltre il banale quotidiano, oltrepassandolo nell’accettazione dei tempi morti e del monotono ripetersi delle azioni. E anche qui l’aborto, voluto per la ex-moglie, si ripropone drammaticamente, anche se non bruscamente, come le creature agli scienziati di Solaris. Non c’è, tuttavia, un’indicazione alla speranza altrettanto chiara. La caduta del lume nel sogno, davanti alla tv senza segnale, indica l’insufficienza della luce per orientare la vita. Tuttavia, la solitudine del fotografo non appare vero egoismo e il rapporto con gli altri è moderato dalla discrezione e da impulsi positivi, come l’affetto per la moglie, non espresso completamente al telefono, e la generosità per il cugino, anche se rozzo. La lunga riflessione, che cogliamo sul volto del protagonista, nella scena conclusiva, manifesta ripensamento e voglia di ricominciare. Il film è una denuncia equilibrata della situazione esistenziale, in cui si è venuto a trovare tutto l’Occidente. Regia di Nuri Bilge Ceylan; con Muzaffer Ozdemir, Emin Toprak. Raffaele Demaria Valutazione della Commissione nazionale film. Intermission: accettabile, problematico (prev.); Uzak: discutibile, problematico, dibattiti (prev.).

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