“Uscire”. Papa Francesco apre la Settimana Santa
Gioia e partecipazione alla prima udienza generale di papa Bergoglio, che anche ieri è voluto passare con la jeep tra la gente e salutare da vicino tanti, tantissimi. Accanto a me un piccolo gruppo di siks, con i loro turbanti neri, si godono la scena.
Le prime parole della catechesi di papa Francesco, interrotte da un applauso, sono per Benedetto XVI di cui, dice, raccoglie il testimone «con grande riconoscenza e venerazione». Nelle prossime udienze riprenderà il ciclo sull’Anno della Fede, dice, ma questa volta intende soffermarsi sul significato della Settimana Santa. E lo declina in modo originale.
Riecheggia una parola precisa, a lui cara: uscire. Occorre «uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario, dalla tentazione di chiudersi nei propri schemi che finiscono per chiudere l’orizzonte dell’azione creativa di Dio». Racconta di questo Dio che, per primo, è uscito da se stesso per venire a vivere in mezzo agli uomini, fra noi, «per portarci la misericordia», «che salva e dona speranza». «Anche noi – ha aggiunto –, se vogliamo seguirlo e rimanere con Lui, non dobbiamo accontentarci di restare nel recinto delle novantanove pecore, dobbiamo uscire, cercare con Lui la pecorella smarrita, quella più lontana». Papa Francesco vuole essere capito e quindi lo ripete: «ricordate bene: uscire da noi, come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per noi».
E continua «Gesù ha parlato a tutti senza distinzione tra grandi, umili, ricchi, poveri, deboli, ebrei, pagani, samaritani»,«ha vissuto le realtà quotidiane della gente più comune: si è commosso davanti alla folla che sembrava un gregge senza pastore; ha pianto davanti alla sofferenza di Marta e Maria per la morte del fratello Lazzaro; ha chiamato un pubblicano come suo discepolo; ha subito anche il tradimento di un amico». E ricorda quella frase memorabile «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Mt 8,20) per sottolineare che «Gesù non ha casa, perché la sua casa è la gente, siamo noi. La sua missione è aprire a tutti le porte di Dio, essere la presenza di amore di Dio».
Nella Settimana Santa «viviamo il vertice di questo cammino, di questo disegno di amore che percorre tutta la storia dei rapporti tra Dio e l’umanità». E aggiunge «ciascuno di noi può dire “Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me”».
Questo, ha detto, «è un tempo di grazia che il Signore ci dona per aprire le porte del nostro cuore, della nostra vita, delle nostre parrocchie – che pena, tante parrocchie chiuse! –, dei movimenti, delle associazioni, ed “uscire” incontro agli altri, farci noi vicini per portare la luce e la gioia della nostra fede. Uscire sempre! E questo con l’amore e la tenerezza di Dio, nel rispetto e nella pazienza, sapendo che noi mettiamo le nostre mani, i nostri piedi, il nostro cuore, ma poi è Dio che li guida e rende feconda ogni nostra azione». E poi l’augurio a tutti di «seguire il Signore con coraggio, portando in noi stessi un raggio del suo amore a quanti incontriamo».
Papa Francesco, dal sagrato di Piazza San Pietro, ha lanciato il suo primo appello internazionaleper la guerra civile che dilania la Repubblica Centrafricana, perché «cessino immediatamente le violenze e i saccheggi, e si trovi quanto prima una soluzione politica alla crisi che ridoni la pace e la concordia a quel caro Paese, da troppo tempo segnato da conflitti e divisioni».
Poi, a udienza conclusa, sull’account @pontifex un nuovo tweet, sintesi della sintesi: «Rimanere con Gesù esige uscire da se stessi, da un modo di vivere la fede stanco e abitudinario», destinato, in nove lingue, agli oltre 4 milioni e mezzo di followers.