Uscire assieme dall’implosione del presente

Il calo demografico è il segnale di un malessere che non si cura con gli incentivi. Senza dignità del lavoro le famiglie si disgregano in uno Stato che incentiva l’azzardo come via di fuga. Un promemoria elettorale
GRATTA E VINCI ANSA

«È venuto a trovarmi un paziente con gravi problemi di dipendenza dall’azzardo. Lavora 10 ore al giorno in un negozio per una paga di 25 euro. Si è lamentato col titolare ma questi gli ha detto che esistono tante persone pronte a sostituirlo e sono già pronte fuori la porta. Potrebbe fare una denuncia ma ne ricaverebbe poco e si brucerebbe la possibilità di trovare un’altra occupazione».

Il mio amico psichiatra va avanti a descrivermi il caso, ovviamente anonimo: «Il paziente è sposato ma non va più d’accordo con la moglie che ha dei genitori in grado di passargli dei soldi per andare avanti. Si sente umiliato. Praticamente stanno per separarsi e il bambino se ne andrà con lei. Per riscattarsi quest’uomo vorrebbe aprire una pizzeria a taglio, ma ha bisogno di denaro che non ha e così ha cominciato a cercare la fortuna con il gratta e vinci. Per tornare a puntare, in preda alla disperazione, è disposto ad accettare pratiche illegali. La china sembra tutta in discesa».

 

Il quadro doloroso riguarda una famiglia della generazione “core”, appartiene cioè a quella fascia di popolazione di età compresa fra i 20 e i 39 anni che, come spiega l’economista Luigi Campiglio, «è il simbolo di un centro vitale, che definisce l’identità di un’impresa o di un’organizzazione, così come il cuore di una persona che irradia energia a tutto il corpo».

 

Quando si grida al calo demografico, dopo l’ennesima rilevazione Istat che per il 2015 registra 17mila nati in meno rispetto al 2014, non basta ripetere il mantra secondo cui basta qualche incentivo in più per incrementare la natalità.  Può andare bene per un pezzo frettoloso sulla stampa, con qualche dichiarazione di governo e opposizioni al seguito, ma non si può separare il vissuto reale delle persone dal contesto sociale complessivo dove la dignità personale è offesa

 

Come afferma il demografo Alessandro Rosina, assistiamo ad «un’implosione indifesa sul presente» che impedisce di pensare ad un futuro migliore. 

La vicenda di quel padre umiliato, rincorso dalle finanziarie e dai debiti, pronto a cadere vittima dell’illusione dell’azzardo pianificato da un’industria incentivata dalla legge a cercare il profitto da queste storie, descrive un paradigma del post Novecento descritto da Tony Judt.  Secondo questo grande pensatore politico contemporaneo, l’incentivazione del consumo di azzardo giustificata per coprire i buchi del bilancio statale rappresenta «un sistema di prelievo fiscale indiretto, regressivo e selettivo. Fondamentalmente si incoraggiano i poveri a spendere denaro nella speranza di raggiungere la ricchezza, mentre i ricchi, anche se dovessero scegliere di spendere la stessa somma in denaro, non ne sentirebbero la mancanza».

 

Siamo davanti a degli «avvoltoi» pronti a gettarsi sul cadavere della preda come ha detto, con linguaggio crudo, il direttore della Caritas romana, don Enrico Feroci, quando a maggio 2016 ha parlato durante lo Slot Mob promosso, vicino la basilica di San Giovanni in Laterano, per premiare due bar liberi dall’azzardo che si trovano a due passi da un’agenzia dei prestiti, che vende denaro anche ai protestati e agli ottantenni, e alla più grande sala slot d’Europa che all’entrata sfoggia la stella coronata del  simbolo ufficiale della Repubblica italiana per certificare il numero della concessione e la “legalità” dell’azienda.

Nella discussione della legge di bilancio alla Camera, un deputato del Pd, Lorenzo Basso, ha invitato in commissione bilancio a votare un emendamento promosso da un suo collega del M5S, Matteo Mantero, per vietare in maniera assoluta la pubblicità dell’azzardo. Un segnale di attenzione al bene comune oltre le appartenenze che non è stato accolto perché la discussione in commissione è stata interrotta prima di arrivare al punto strategico nonostante l’invito pressante di tutte le associazioni, come il movimento Slot Mob che, in un comunicato, rivolgendosi ai parlamentari, ha detto: «Non avete più scuse». Il discorso si doveva riaprire al Senato ma il dibattito è blindato dal voto di fiducia e l’urgenza del dopo voto referendario con le dimissioni solo posticipate di Renzi.

 

Nessuno di noi può avere scuse nel lasciare da sola quella famiglia presa da un caso reale e ormai sulla via della disgregazione. Occorre un forte legame sociale, non solo per intercettare l’urgenza tramite nuove forme di mutualismo ma per aiutare ciascuno a far valere i diritti elementari destinati, altrimenti, ad essere considerati una concessione del più forte. Materia per la prossima e imminente campagna elettorale.

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