Usa, #EoCMeeting2016: cambiare l’economia si può

All’Università di Saint Thomas in Minnesota, imprenditori, economisti, studenti del Nord America e del Camerun progettano nuovi modelli di leadership e di business ispirati a EdC. Dal sito edc-online.org
Università di Saint Thomas

Ci sono convegni a cui si partecipa per dovere e conferenze con oratori brillanti che calamitano il pubblico, poi ci sono seminari con numeri non eclatanti, senza grande battage pubblicitario e che invece ti cambiano nel pensare e nell’agire, perché i discorsi sono istantanee di vita, progetti, dove giustizia sociale e affari vanno a braccetto e dove il bene comune è ancora una bussola dell’agire umano. Sono luoghi dove si sperimenta che il cambiamento è possibile, desiderato, condiviso sia da un miliardario che da un professore di economia aziendale, sia da un sacerdote a capo di un ateneo specializzato in imprenditoria che da studenti che hanno lasciato il loro Paese per uno stage in imprese governate da princìpi economici di comunione.

 

L’università di San Thomas, a Saint Paul in Minnesota, che ha ospitato dal 9 al 12 giugno il convegno annuale di imprenditori, economisti, studenti del Nord America appassionati dell’Economia di Comunione, è stata casa di uno di questi appuntamenti. Tra gli attori di questo laboratorio anche un gruppo di docenti del Catholic University Institute di Buea in Camerun che nel 2010 hanno inaugurato un’università per l’imprenditoria ispirata ai principi dell’Edc e che quest’anno registra già 2000 iscritti.

 

Ci aspetteremmo aule, uffici, laboratori e grandi schermi, e invece la struttura è composta da sette round village, piattaforme in cemento dove i piloni sostengono un tetto in lamiera che ospita gli studenti delle quattro facoltà: ingegneria, agricoltura organica, economia e informatica. Padre George, iniziatore dell’esperienza spiega che «i poveri, i Paesi in via di sviluppo non sono oggetti da aiutare ma soggetti di cambiamento. Abbiamo sprecato tempo ad accusare i Paesi industrializzati o a giustificare noi stessi mentre le nostre energie vanno indirizzate a uno sviluppo reale delle nostre comunità, dove ambiente, economia, spiritualità e cultura convivono e realizzano aziende, scuole, servizi per il territorio. Nessuno studente della Cuib si laurea senza aver impiegato un anno dei suoi fine settimana in azioni di volontariato e senza aver ideato un progetto imprenditoriale per la sua comunità di provenienza. Il segreto del nostro successo sta nei 30 minuti al giorno dedicati alla messa per i cristiani, alla preghiera per i musulmani, a un tempo di riflessione spirituale per gli altri. Senza valori non si dà nessuna direzione al cambiamento». 

 

Il documentario Poverty.inc presentato dal suo regista Michael Matheson Miller, è stato un atto di denuncia delle organizzazioni umanitarie che operano con paternalismo assistenzialista nei Paesi poveri e non producono sviluppo.  Ad esempio, un invio indiscriminato di viveri ha ucciso le produzioni agricole locali e modificato la dieta di interi villaggi, in Asia come in Africa, e lo stesso per i vestiti: la loro donazione ha messo in crisi le aziende tessili del posto. «Ci sono due modalità di azione negli interventi umanitari: dare il pesce e insegnare a pescare. Entrambi nel tempo si sono mostrati riduttivi e su larga scala persino dannosi. Oggi il modello deve essere quello del “con”, cioè pescare con l’altro e ascoltarne le reali esigenze senza interventi estranei al contesto e addirittura dannosi», ha commentato Miller. E ha incoraggiato lo stile dell’EdC in questi progetti umanitari.

 

Indispensabile per agire in questa direzione è una nuova leadership in grado di coniugare esigenze di mercato, innovazione e attenzione alle persone. Il workshop ideato da Jim Funk, esperto in formazione, ha ricreato come gioco di ruolo complesse situazioni di conflitti in azienda, che andavano risolte secondo l’etica della comunione, in cui, sia chi è capo sia chi è un sottoposto, è depositario di talenti, intuizioni, opportunità che possono giovare alla crescita dell’impresa e della persona in una logica di giustizia sociale condivisa.

 

Le testimonianze di vari imprenditori e manager, che si sono messi a nudo non solo nei successi ma anche nei fallimenti di gestione, sono state fondamentali nel comprendere che il cambiamento è una porta che proprio gli errori aprono al futuro, perché diventano opportunità di innovare e voltare pagina, se vissuti nella logica imprenditoriale dell’EdC. E Lo hanno dimostrato Anne Godbout, fondatrice di un’agenzia turistica specializzata in viaggi religiosi, Emery Koenig, per anni a capo di circa 400 manager di una multinazionale come la Cargill, John Mundell, presidente e amministratore delegato di un’impresa di servizi sull’ambiente che è riuscito a trasformare vari attori economici e sociali della città in sentinelle ambientali che coniugano business, benessere e tutela dell’ambiente. Proprio questo tema, ripreso dalla recente enciclica Laudato si' è stato uno dei panel di riflessione, in cui con molta schiettezza si è guardato a quanto poco si investe in attenzione al territorio nonostante la natura continui a provocarci con il suo linguaggio fatto magari di tifoni, tempeste, clima impazzito.

 

Particolarmente intensa la storia del miliardario Robert Ouimet, a capo di una multinazionale del settore alimentare. Quando nel 1983 aveva incontrato Madre Teresa, le aveva proposto di dare tutti suoi beni per una causa sociale. La santa di Calcutta gli aveva risposto che lui non possedeva nulla ma tutto gli era stato dato in prestito e che il suo business andava indirizzato anzitutto alla sua famiglia, ai suoi dipendenti e all’ambiente secondo la vita dettata dal Vangelo. Il suo capitale umano e finanziario erano i talenti ricevuti da Dio da condividere e far fruttare. La scelta di seguire queste indicazioni non è stata indolore, ha incontrato l’incomprensione dei figli, delle banche, ma è diventata un manifesto declinato in 9 princìpi che sostengono ancora oggi la sua azione imprenditoriale. Uno, particolarmente innovativo, riguarda chi è stato licenziato: «Incontrare due volte gli impiegati dopo la fine del  rapporto lavorativo – recita questo punto –, ma per attuarlo ci vuole coraggio e bisogna prepararsi alle sfuriate. Io però dovevo farlo perché volevo far sentire alle persone, che al di là del lavoro o della mansione non svolta in maniera soddisfacente, io continuavo a stimarli, che erano validi e che li avrei incoraggiati magari nel trovare un altro percorso più adatto al loro talento. In tutti questi anni penso solo due hanno rifiutato di incontrarmi».

 

I professori Michael Naughton, direttore del Centro studi dell’università Saint Thomas e John Gallagher, docente di management al Maryville College hanno approfondito le linee culturali scaturite da un agire economico all’insegna della comunione. Il primo ha sottolineato che la logica del dono delle proprie qualità, la sussidiarietà come accoglienza delle proposte e del dono che ogni membro di un’azienda può fare al processo produttivo, realizzano non solo prodotti ma costruiscono comunità, speranza, possibilità di cambiamento. Il professor Gallagher ha ribadito la necessità di una nuova antropologia e di voci profetiche che anche in ambito economico sappiano rischiare in nome della speranza, in nome della responsabilità verso le nuove generazioni con cui bisogna sperimentarsi in un business virtuoso.

 

L’Economia di Comunione e i suoi 25 anni di storia mostrano che le tre intuizioni di Chiara Lubich sull’utilizzo dei profitti, sulla connessione con poveri e sulla formazione di persone a una vita di condivisione e di dono hanno messo radici solide anche nel Nord America, dove il profitto a tutti i costi non è l’unica cattedra frequentata dagli imprenditori, anzi sono molti quelli che desiderano altre aule in cui le loro intuizioni e i loro beni siano davvero un capitale, patrimonio di tutti.

 

Dal sito edc-online.org

 

 

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