Uruguay, il 98% dell’energia prodotto da fonti rinnovabili

Come ha potuto un Paese carente di risorse naturali ottenere questo risultato? Centrali idroelettriche, eoliche e solari sfruttano acqua, vento e sole: elementi che non mancano. Centrali di biomassa utlizzano i residui produttivi della produzione del riso e del legno. Invece di depredare le proprie ricchezze ambientali, l’Uruguay ne ha fatto tesoro. Un modello da imitare?
Pale eoliche e pannelli solari

D’accordo, l’Uruguay è un Paese piccolo. Appena due terzi della superficie italiana e appena il 5 per cento della sua popolazione. Tre milioni e rotti di abitanti, la metà dei quali quasi concentrata intorno a Montevideo, la capitale. Ma non è solo questione di dimensioni: come fa un Paese che non dispone di risorse naturali a produrre praticamente tutta l’energia di cui ha bisogno utilizzando fonti rinnovabili partendo da zero?

 

Intanto nei decenni passati, l’Uruguay ha realizzato le dighe necessarie per sfruttare la portata dei suoi fiumi per produrre energia idroelettrica. Oggi, grazie a queste opere, si produce la metà dell’energia necessaria.

 

In anni più recenti, il Paese ha sviluppato fonti energetiche realizzando investimenti congiunti tra enti pubblici e privati. Circa tre miliardi di dollari sono stati destinati all’energia eolica, altri 500 milioni sono invece stati destinati al solare, con centrali fotovoltaiche che approfittano dell’esposizione solare delle regioni uruguaiane. Queste due fonti producono oggi il 40 per cento del fabbisogno elettrico del Paese.

 

Nel caso dellea biomasse si è chiuso con intelligenza il ciclo produttivo di due industrie nazionali: quella del riso, prodotto nella zona Est del Paese, e quella della cellulosa, iniziata negli anni '90 con una politica di sgravi fiscali per coloro che avessero forestato i terreni di loro proprietà. Oggi l’Uruguay non solo registra un alto livello di forestazione, ma è anche un grande produttore di legno e cellulosa. I residui produttivi di queste due industrie si sono trasformati nell’elemento necessario per le centrali a biomasse, responsabili dell’8 per cento dell’energia necessaria. L’investimento è stato di 400 milioni di dollari. Altri 15 milioni sono stati investiti in progetti di microcentrali, soprattutto per la produzione energetica in località più periferiche.

 

I vantaggi di questa politica sono vari e non solo sul piano ambientale, ma anche economici. Annualmente, circa 30 milioni di dollari si ottengono dall’esportazione dell’energia prodotta in eccedenza. Il punto chiave delle politiche energetiche uruguaiane è stato utilizzare la risorse esistenti e e varare piani di sviluppo chiari e innovativi. Pare una ricetta valida anche per nazioni di maggiori dimensioni.

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