Urgono nuove misure
Sempre più insostenibili le condizioni di vita all’interno dei nostri penitenziari. E con l’estate non potrà che andar peggio
A fine estate potremmo ritrovarci a dover dire: «Era una catastrofe annunciata». La situazione delle carceri che scoppia tutto l’anno, nel periodo estivo è infatti messa ancora più a dura prova. I dati non sono per niente confortanti: quasi 68 mila i reclusi a fronte di una capienza regolamentare di 43 mila unità, mentre il personale di polizia penitenziaria conta poco più di 35 mila unità anziché le 41 mila previste.
Nei primi sei mesi dell’anno sono morti 83 detenuti: 29 si sono suicidati e 54 sono deceduti per malattia e “cause da accertare”. Alquanto strano, considerato il fatto che la popolazione carceraria è molto giovane. L’arrivo del caldo, certo, non migliorerà la situazione. Hanno protestato in questi giorni i detenuti di Marassi a Genova, di Sollicciano a Firenze, di San Vittore a Milano, dei due penitenziari di Padova, di Novara.
Il piano carceri previsto dal governo per rispondere all’emergenza sovraffollamento, se tale si può chiamare, è stato bocciato in commissione Bilancio per assenza di copertura finanziaria e dunque da una parte non è possibile assumere nuovi agenti di polizia, dall’altra non si può far ricorso agli arresti domiciliari come sostitutivi dell’ultimo anno di pena. «Purtroppo non si è capito, o si è fatto finta di non capire – commenta il segretario generale della Uil penitenziari, Eugenio Sarno – che quando si disilludono le aspettative ingenerate la tensione all’interno degli istituti penitenziari rischia di diventare ingestibile. Oggi ogni centimetro quadrato utile è stato occupato, anche sacrificando spazi originariamente destinati alla socializzazione e all’aggregazione. Questo significa costringere all’ozio perenne i detenuti, a volte costretti in posizione orizzontale anche per più di 20 ore al giorno».
Quando si parla di soluzioni c’è chi invoca la costruzione di nuove carceri, chi la messa in atto di misure alternative, anche considerando il fatto che il 40 per cento dei detenuti è costituito da tossicodipendenti e malati psichici che più che dietro le sbarre andrebbero seguiti presso adeguati centri di cura. Per non parlare poi dell’ormai inderogabile revisione del sistema processuale: quasi la metà dei carcerati sono infatti attesa di giudizio.