Uomo di Dio per il nostro tempo
Ho appreso la notizia, improvvisa, della morte del Cardinal Martini con particolarissima emozione, come una visita di Dio a tutti noi, credenti e non credenti o diversamente credenti. Come capita quando a partire è uno di casa o un amico caro o un maestro amato e venerato. Perché questo egli è e resta per tutti noi.
Lo dico per esperienza. Ricordo il primo incontro che ebbi con lui, mentre era Rettore dell’Università Gregoriana di Roma ed io uno studente di teologia alle prime armi. Era il 1989, nel tardo autunno, ed egli aveva portato la sua testimonianza ad un convegno sulla formazione dei giovani nei seminari che si teneva al Centro Mariapoli di Rocca di Papa.
Custodisco ancora viva in me una sua frase che molto mi colpì, tanto che non ha più lasciato la mia anima: «Ciò di cui c’è bisogno, oggi, è di rapporti di trasparenza personale». Per una felice coincidenza, ci trovammo seduti accanto sul trenino che da Frascati porta a Roma. Ero con alcuni amici, che avevano partecipato al convegno.
Ci chiese col suo fare confidente e alla mano, tutt’altro rispetto alla prima impressione che poteva lasciare la sua figura imponente e austera intravista di lontano, una preghiera per una faccenda che lo toccava da vicino. Poco tempo dopo giunse la notizia inaspettata della sua nomina, da parte di Giovanni Paolo II, ad Arcivescovo di Milano.
Iniziò così quell’avventura che fece di lui, riconosciuto uomo di studio, ma insieme – per chi lo conosceva più da vicino – uomo di penetrante spiritualità e di profonda ricerca interiore, sensibile alla vita di comunione, al servizio dei poveri e di chiunque versa in umana difficoltà, uno degli uomini che più e meglio hanno incarnato la Chiesa del Concilio Vaticano II.
Con umiltà, coraggio, perseveranza, profezia. Nella sua Milano e in Italia (fu uno dei protagonisti del Convegno ecclesiale di Loreto), in Europa (fu a lungo presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa) e nel mondo intero. Per tornare da ultimo a Gerusalemme, la sua vera patria. Sino a diventare un simbolo o, meglio, sino a stagliarsi a tutto tondo come un testimone vero, credibile e ascoltato di Gesù.
E’ raro che un uomo di Chiesa sia entrato come lui nel cuore di innumerevoli persone, vicine e lontane, gente semplice e intellettuali pensosi del destino dell’uomo. Sempre fedele a Gesù e alla sua Chiesa, ma proprio per questo con quella libertà e lungimiranza di spirito che sono segno tangibile della bellezza intramontabile e della freschezza sempre nuova del Vangelo.
Qualcuno non l’ha capito, c’è stato chi ha cercato di emarginarlo o strumentalizzarlo, come sempre accade. Ma la storia della sua testimonianza e del suo insegnamento, una volta messa in piena luce senza pregiudizi, ci riserverà non poche e non piccole sorprese.
L’ho incontrato poi diverse altre volte e in diverse altre occasioni, dopo quel primo incontro in treno. L’ultima fu a Gallarate, lo scorso anno, nella casa luminosa e serena che accoglie Gesuiti anziani e in precarie condizioni di salute. Questa volta ero io a dovergli chiedere un consiglio e una preghiera. Fu un incontro breve, tutto quello che gli era permesso dalla sua incalzante infermità, ma di un’intensità per me straordinaria.
I suoi occhi limpidi e bambini, la sua parola quasi impercettibile ma luminosa e calda, l’atmosfera semplice ma di cielo che ci avvolgeva… Mi lasciò con un abbraccio. Mi portai via la certezza d’aver toccato con mano la presenza discreta ma inconfondibile di Dio, che non lascia di far capolino nel chiaroscuro della nostra vita attraverso i suoi amici.
Sì, Martini è stato un uomo di Dio, un uomo di Dio del nostro tempo e per il nostro tempo. Un presagio del domani. Moltissimi, oggi, ringraziano nella preghiera per il dono di questo fratello e padre nella fede. Altrettanti, e forse più ancora, lo sentono più di ieri accanto a sé nel cammino sincero e rispettoso di chi cerca nel dialogo la verità, il bene, la giustizia e la pace.