Uomini in fuga

Il titolo, un prestito dal noto libro-testimonianza di Carlo Coccioli sull’inferno dell’alcolismo, è calzante per queste tre storie vere, storie di fuga e sopravvivenza nel Secondo conflitto mondiale o subito dopo. Con L’uomo del Toftefjord (Il Saggiatore), siamo trasportati nella Norvegia occupata dai nazisti, nel marzo 1943. Un peschereccio proveniente dalle isole Shetland sta per entrare nel Toftefjord per una missione rischiosa: quattro dei dodici uomini dell’equipaggio sono soldati norvegesi addestrati in Gran Bretagna per organizzare un’azione di resistenza contro gli invasori. Ma una volta raggiunto l’approdo – un luogo di suggestiva bellezza con rocce a strapiombo sul mare ghiacciato e alti picchi innevati – una amara sorpresa attende quegli audaci: traditi da una spia, cadono vittime di un agguato tedesco, durante il quale il peschereccio viene fatto esplodere con il suo carico di armi e loro stessi sono uccisi o fatti prigionieri. Tutti, tranne uno. Il giovane Jan Baalsrud riesce a farperdere le sue tracce agli inseguitori e inizia una fuga disperata in mezzo alle montagne, in un periodo proibitivo dell’anno. Stremato, a rischio di cancrena, più volte a un pelo dalla morte, ce la farà soltanto grazie all’altruismo di un intero villaggio che, sfidando le rappresaglie naziste, tenterà l’impossibile per fargli varcare il confine con la Svezia neutrale, non senza l’apporto di alcuni lapponi al seguito di una transumanza di renne. Con questa sua accurata ricostruzione dal ritmo serrato David Howarth ha saputo trasformare un ignorato evento dell’ultima guerra in un appassionato racconto epico. Dalle gelide e fiabesche plaghe norvegesi al Peloponneso orientale bruciato dal sole. È questo lo scenario de Il ritorno dei nove di Thanasis Valtinòs (Crocetti Ed.). Siamo al tempo della guerra civile greca, terminata nel 1949: uno dei capitoli più tragici e meno noti della storia europea del Novecento, segnato da atti di grande eroismo ma anche da orribili viltà. Protagonisti della vicenda sono nove partigiani in lotta non solo contro il nemico politico, ma anche contro il paesaggio ostile, la fame, la sete, lo spettro della morte, la disperazione assoluta. Non chiedono altro che di far ritorno a casa. A sostenerli, come per i diecimila di Senofonte, è la speranza di raggiungere il mare: nell’immaginario greco, perenne simbolo di salvezza. Senza enfasi, con una scrittura scabra, Valtinòs, uno dei maggiori autori greci contemporanei, scolpisce in questa sua prova d’esordio un racconto di alta drammaticità, in un crescendo mozzafiato che coinvolge il lettore nel destino dei personaggi. Einfine la guerra vista attraverso gli occhi di una bambina in fuga dall’assedio di Leningrado: unica superstite, con la madre, di un’intera famiglia. Russia, 1942: gli eventi bellici hanno scaraventato Elena Koz?ina, l’io narrante di Attraverso la steppa in fiamme (Frassinelli), in quelle sperdute regioni tra i contadini cosacchi. La guerra, per questa futura storica dell’arte all’Ermitage, è uno strano gioco, fatto dai grandi con regole che sfuggono alla comprensione di una bambina. Ma che, imponendo situazioni eccezionali, riesce a stabilire contatti ravvicinati altrimenti improbabili tra gente di città e gente di campagna, tra Nord e Sud, in una nazione sterminata come l’impero sovietico. Nel suo esilio forzato Elena troverà degli alleati preziosi nei libri presi a prestito, divorati avidamente per trascorrere i giorni in compagnia della mamma, improvvisatasi insegnante del villaggio, dopo la scelta di non far frequentare alla figlia le scuole di stato, diventate le “scuole dei tedeschi”. Toccante e poetico, questo racconto autobiografico conquista per la suasemplicità e per il suo saper mirare dritto al cuore dei lettori, perché – come dice Pu?skin – “con una parola si può fermare il sole e conquistare una città”. Tre storie, tre odissee. Cosa hanno in comune, oltre alla fame, alle sete, alla paura? Se nella sua incredibile fuga l’uomo del Toftefjord incontra personaggi indimenticabili, animati da valori come l’amicizia, la solidarietà, il coraggio, anche la piccola Elena, nella precarietà della vita da sfollata, conosce la solidarietà fra persone estranee e diffidenti che si scoprono progressivamente unite di fronte al dolore e all’assurdità della guerra. E anche per i nove protagonisti della più tragica delle fughe, perché senza lieto fine, unico viatico del loro ritorno senza speranza è la reciproca amicizia e solidarietà, la fede nel Diritto contro la Violenza. E poi c’è l’altra grande protagonista, la natura, la cui voce i diversi personaggi imparano a scoprire. Una natura di incredibile fascino anche quando semina di insidie il gelido arrancare di Jan Baalsrud verso la salvezza, o la marcia infuocata dei nove disperati del Peloponneso. Che si manifesta selvaggia e inflessibile alla piccola Elena, con le sue tormente di neve e le smisurate distese battute dal vento, ma sa anche farsi protettiva e avvolgente nell’incanto di una notte stellata sopra i campi di girasole.

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