Un’occasione persa allo stadio di Torino
Molta retorica, qualche bell’episodio e – purtroppo – ancora poca, pochissima educazione. È l’ennesima domenica a due volti che ha offerto il nostro calcio, e nello specifico lo Juventus Stadium di Torino (ma sarebbe potuto succedere da qualsiasi altra parte d’Italia), nel giorno in cui migliaia di bambini hanno invaso le curve – squalificate – dell’impianto bianconero.
Accade che nell’occasione forse più ghiotta per riportare un clima sereno in uno stadio del pallone nostrano, con migliaia di pseudo-tifosi lasciati giustamente a casa, 12 mila piccoli supporter si accomodino nelle curve Nord e Sud: nella prima, studenti di scuole elementari e medie; nella seconda, gli iscritti alle scuole calcio nati tra il 2000 e il 2007. Ma, spiace dirlo, infanzia non è sinonimo di rispetto, ancor meno quando di mezzo ci sono un pallone e un rettangolo verde. Perché se bambini tra i 5 e i 13 anni sono già capaci di insultare a squarciagola il portiere avversario – nella circostanza il serbo eljko Brkić, estremo difensore dell’Udinese – ogniqualvolta questi si accinge al rinvio da fondocampo, significa che i disvalori hanno ormai preso piede nel nostro calcio sin dalle sue basi. Resta un sapore amaro in bocca, la sensazione di un’occasione persa, l’impressione che certi atteggiamenti, nei nostri stadi, non spariranno mai. Perché questi bambini che adesso insultano (anche se tanti professionisti del tifo definerebbero quelle frasi un semplice sfottò), fra 10 anni potrebbero prendere il testimone di chi ieri non è entrato allo stadio per le tanto criticate – chissà poi per quale motivo – sanzioni antidiscriminazione territoriale.
E allora, a poco vale la pur lodevole iniziativa della Juventus di riempire lo stadio di giovanissimi, e rischia di passare in secondo piano anche l’emozione di Fernando Llorente (match winner di giornata) nel momento dell’abbraccio coi suoi piccoli fan, se nelle scuole calcio e – ancor peggio – nelle scuole vere e proprie l’educazione al tifo non è contemplata. Sarà forse il caso di riflettere, perché quando pure i più piccoli si lasciano andare all’insulto gratuito, allora significa che abbiamo perso tutti.