Uno strano suicidio

Fabrizio Benedetti, famoso sia come neuro scienziato che come divulgatore, dà alle stampe con Carocci "Il caso di G. L.". Racconta il progressivo e devastante disagio di un ventenne, alternando le lettere del ragazzo all’analisi neurofisiologica del suo stato mentale
Il-caso-di-G.L.

«La scienza non fa altro che misurare. L’umanesimo si basa invece sulle attività, le creazioni, la storia e il pensiero dell’uomo». Due mondi apparentemente lontani, che a volte si disprezzano, a volte invece si toccano, anzi si aiutano a vicenda. Fabrizio Benedetti è famoso sia come neuro scienziato che come divulgatore, per la chiarezza e incisività dei suoi scritti. In questo testo ci sorprende: racconta infatti il progressivo e devastante disagio di un ventenne, che arriverà al suicidio, mettendo insieme le sue lettere (coinvolgenti e disperate) con l’analisi neurofisiologica (cruda e veritiera) del suo stato mentale. La chiama “medicina narrativa”. In questo modo il lettore è coinvolto in prima persona, tocca con mano da una parte l’odierna potenza di intervento della scienza sul cervello, con tecniche e farmaci, e al contempo la sua completa inutilità, perché solo l’ascolto del paziente permette (forse) una reale comprensione. Nelle lettere G. L. racconta il suo angosciante senso di impotenza nei confronti della vita e del male, i suoi colloqui con credenti e non credenti alla ricerca ossessiva della risposta se tutto è solo materia o c’è qualcos’altro dopo la morte. Per ogni lettera, Benedetti fa il punto sulle conoscenze scientifiche attuali: l’enigma del suicidio, le emozioni, l’altruismo e la depressione, l’ansia, l’interazione mente/cervello, la psicofarmacologia (che «fa uso dell’iniezione di un farmaco») e la psicoterapia (che «fa uso dell”iniezione” di parole»). Fino al punto in cui «la scienza si ferma!», davanti ad «un ostacolo per ora, e forse per sempre, insormontabile». Un libro duro, lucido, che può essere letto come un elogio della scienza, eppure si chiude con queste parole: «La ricerca ossessiva che traspare dalle sue lettere ci fa affrontare con inusuale realismo il mistero divino, la fragilità dell’esistenza dell’uomo, la tragicità del male e della sofferenza».

Giulio Meazzini

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