Uno scorcio di mondo unito
Siamo giunti, ormai, al settimo giorno di questo viaggio nell’interculturalità. Si parte presto dal Centro Mariapoli “Concordia”: destinazione Otavalo, nella provincia dell’Imbabura. Belen, giovane ecuadoriana, mi racconta che la strada è ricca di bellezze naturali. E infatti dopo circa un’ora di viaggio ecco apparire, davanti a noi, il vulcano Cayambe (terza montagna, in ordine di altezza, dell’Ecuador). Dopo qualche chilometro, uno spettacolo di una suggestione straordinaria: il lago San Pablo riflette, sulle sue acque limpide, l’imponenza del vulcano Imbabura, dal quale sgorga l’acqua scaricata dalla Cascada de Peguche. Il tutto in un misto di equilibrio e di dinamismo naturale. Guardo i miei compagni di viaggio e mi accorgo che tutti noi siamo rapiti da questa scena. Ma non come semplici osservatori passivi: in questi giorni stiamo imparando che occorre armonizzare sé stessi con l’ambiente circostante, facendo silenzio e ascoltando profondamente ciò che la natura ci suggerisce nell’anima.
Arriviamo a Otavalo per partecipare a un evento organizzato dalle istituzioni locali, dal titolo “Jovenes por la paz” (Giovani per la pace). Francisco mi racconta che tutto è iniziato durante un incontro tra i Giovani per un mondo unito dell’Ecuador e alcuni rappresentanti del Comune e delle comunità indigene: «Eravamo andati lì solo per presentare la Settimana Mondo Unito e condividere qualche idea. Invece i presenti sono rimasti entusiasti! Ci hanno fatto tantissime domande per capirne di più e alla fine il sindaco ha voluto organizzare un evento pubblico. Per noi è stata una grande sorpresa. Non ci aspettavamo tanto. L’evento ha un grande significato perché Otavalo è stata dichiarata “Capitale interculturale dell’Ecuador”».
Appena scendiamo dal pullman, la banda del paese inizia a suonare e persone festanti ci corrono incontro. Mentre saliamo le scale del Centro interculturale comunitario "El Colibrí", giovani delle scuole ci accolgono con applausi e strette di mano. Insomma, sembra proprio che qui si faccia sul serio! Ed effettivamente è così. All’evento sono presenti diverse testate giornalistiche, radio e televisioni. In platea rappresentanti di decine di Paesi di tutto il mondo: Italia, Corea, Filippine, Honduras, Burundi, Austria. Guardandoli si vede già un pezzo di mondo unito.
Gustavo Pareja, sindaco di questa comunità, introduce l’incontro e fa capire subito quanto ci tenga a promuovere la cultura della fraternità universale: «Abbiamo voluto organizzare questo evento perché è importante gridare al mondo che solo la pace può portare a un mondo migliore. E noi dobbiamo lavorare affinché questo si realizzi. I giovani, con il loro entusiasmo, sono un esempio per tutti noi. Agiscono, non restano fermi; si muovono non per un interesse personale, ma perché animati da una grande idealità! Non vedono barriere fra gli uomini, ma solo fratelli e sorelle di un'unica famiglia umana. Loro hanno un sogno: cambiare il mondo. E noi vogliamo farlo con loro!».
Poi ci spostiamo in piazza, per partecipare a un rito sacro secondo la tradizione degli otavalos (comunità indigena kichwa). La cerimonia è celebrata da tre yachak, i saggi della comunità; si tratta di un rito di ringraziamento al Sole. È un momento importante di condivisione e di reciproca conoscenza, un'occasione per accogliere la cultura di questa comunità. Seguono momenti artistici e la consegna di un quadro a Maria Guaita e Marco De Salvo, responsabili mondiali dei Giovani per un Mondo Unito.
L’evento si conclude con un atto simbolico, ma molto significativo. L’invito è semplice, ma altrettanto radicale: impegnarsi personalmente a costruire ponti di fraternità. Tutti i presenti lasciano la loro impronta su un telo bianco, scrivendo un proprio personale impegno: «I giovani cambieranno il mondo», «L’unità non è un’utopia», «Rispettiamo le differenze», «Culture senza frontiere». Insomma, frasi che testimoniano l'importanza di questo momento per tutti i presenti.
Tra i partecipanti è presente anche Achic, una giovane indigena otavalos che ha conosciuto il Movimento dei Focolari: «Quando ho conosciuto il carisma di Chiara Lubich ero davvero piccola. Ciò che mi ha colpito è che non c’erano differenze; si stava bene e non mi sentivo discriminata. Fui invitata a un incontro chiamato “Mariapoli”. Quell’incontro cambiò la mia vita: capii che con gesti semplici, come sorridere o accogliere chi mi passava accanto, potevo costruire relazioni vere. Potevo far sentire le persone accolte, costruendo ponti di fraternità». Le domandiamo se si è mai chiesta se ciò potesse farle perdere la propria identità: «Niente affatto! Ho capito che amando in questo mondo, non perdo la mia identità. Anzi, la ritrovo e la capisco sempre di più». Ci racconta, poi, quali sono i suoi progetti futuri: «Vorrei studiare scienze politiche internazionali, perché voglio imparare, sempre di più, a relazionarmi con le persone. Insomma, il mio sogno è portare l’amore reciproco nella mia comunità e in tutti quelli che incontrerò nella mia vita».