Uno scontro a colpi di analisi

Prelievi di enti diversi, danno risultati contraddittori sulla potabilità dell'acqua. La Procura ha sequestrato un serbatoio, le proteste della Sorical, che gestisce l'acquedotto. Intervista al direttore De Marco
vibo valentia

Inquinata si, inquinata no. Non potabile un giorno, cristallina l’altro. È la strana storia dell’acqua di Vibo Valentia, dove, tra lo sconcerto e la preoccupazione della popolazione, circolano notizie confuse e contraddittorie e a diramarle sono proprio gli organi preposti a tutelare la cittadinanza.

 

Ma cosa sta succedendo? Proviamo a chiederlo al direttore generale area tecnica della Sorical, la Società risorse idriche calabresi, che gestisce l’acquedotto Alaco. Carte alla mano, Sergio De Marco dà la versione della società per azioni, a capitale pubblico e privato, che ha come azionista di maggioranza la Regione Calabria.

 

Tutto comincia nell’estate 2010, quando dai rubinetti esce acqua marrone e maleodorante. Colpa di un sovradosaggio del disinfettante, l’ipoclorito di sodio, che ha provocato, si legge nella relazione presentata a fine settembre alla Prefettura e agli altri organi istituzionali interessati, «una vistosa colorazione dell’acqua dovuta all’ossidazione del materiale ferroso» presente nelle condutture. In qualche altro caso, la colorazione era invece dovuta «alla presenza di ferro e/o manganese in concentrazioni lievemente superiori ai limiti di normativa» e attribuibili, secondo la Sorical, alle caratteristiche tipiche delle acque grezze. La presenza di coliformi totali e fecali, rinvenuta nel corso delle analisi, per la Sorical sarebbe invece dovuta «all’assetto funzionale della rete di distribuzione e alla pratica, delle strutture tecniche comunali, della quotidiana “chiusura notturna” di interi segmenti della stessa».

 

Nel corso dei mesi, comunque, le ordinanze del sindaco di Vibo Valentia Nicola d’Agostino che vietano l’utilizzo dell’acqua per uso alimentare ed umano si susseguono. Fino a quella del 4 gennaio, tuttora in vigore, che ha mandato nel caos la cittadinanza, da quasi due mesi costretta ad “arrangiarsi”. Il provvedimento è legato alle analisi eseguite dal consulente tecnico nominato dalla Procura del tribunale di Vibo Valentia. Nel corso degli esami, Antonio Tomaino, del Dipartimento Farmaco-biologico della facoltà di Farmacia dell’università di Messina, ha riscontrato la presenza di pericolosi batteri. Le sue conclusioni hanno portato al sequestro del serbatoio di zona Tiro a segno e l’ordinanza che vieta l’utilizzo dell’acqua.

 

Tuttavia, le analisi sono state contestate dalla Sorical, sia per le modalità con cui sono state effettuate che per i differenti risultati ottenuti nel corso di successivi campionamenti effettuati, tra l’altro, da Azienda sanitaria provinciale e Istituto superiore di Sanità, che attestano invece la potabilità dell’acqua. Ma allora, chi ha ragione? Probabilmente, solo il procedimento penale in corso potrà fare chiarezza. Al momento, c’è anche un indagato per “avvelenamento”: Ernaldo Antonio Biondi, responsabile dell’Ufficio di zona della Sorical.

 

Direttore De Marco, dall’agosto 2010 ci sono problemi relativi alla potabilità dell’acqua. Cosa sta succedendo?

«Effettivamente nel corso del mese di agosto si sono riscontrati dei problemi che la Sorical ha prontamente dichiarato attivandosi immediatamente per la loro soluzione. L’entità delle problematiche, completamente risolte nell’arco di qualche settimana, e che comunque non avevano mai rappresentato alcun pericolo per la popolazione e che mai avrebbero potuto sostenere l’emanazione di ordinanza di non potabilità, è stata oltremodo ingigantita da una scriteriata battaglia politica oltre che dalla stampa locale con argomentazioni confuse e sempre faziose».

 

Quando ci sarà di nuovo acqua potabile?

«È impossibile rispondere a questa sua domanda. L’acqua è sempre stata potabile e l’emanazione delle diverse ordinanze, poi revocate a distanza di pochi giorni, è stato un grave atto di irresponsabilità da parte delle competenti amministrazioni (Comune ed Azienda sanitaria provinciale). I pareri dell’Istituto Superiore di Sanità confermano in termini di assoluta chiarezza quanto sopra ed anzi evidenziano che è proprio l’emanazione immotivata delle ordinanze che ha esposto la popolazione a dei rischi per via dell’imposizione del far ricorso ad approvvigionamenti idrici alternativi e precari».     

 

 

 

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