Uno juventino a Milano
Alla fine la festa è contagiosa, superando steccati altrimenti insormontabili…
E dire che i presupposti c’erano tutti per allontanare fino all’ultimo un’illusione. E ha funzionato. La domenica di sole lasciava presagire una giornata tutto sommato all’insegna del buondì. E a Milano il buondì ricorda – tra l’altro – la marca di una delle buone colazioni di trent’anni fa. Ma a parte le golosità c’erano tanti fattori che si sommavano, per allontanare fino all’ultimo minuto l’arrivo di uno scudetto che proprio mi stava sullo stomaco. Allora bel tempo, quindi gita in scooter, fino a Bergamo, a vedere una mostra di disegni e pitture di Giovanni e Stefano Davì, due amici che espongono alla Biblioteca Caversazzi. Un bel momento. Dove l’arte della matita, della china e dei pastelli regalano ai visitatori, piacevoli sensazioni ed emozioni. Bergamo è tutto un tricolore, domenica scorsa ha ospitato il raduno nazionale degli alpini. Le penne nere erano mezzo milione! Fiumi d’acqua dal cielo e torrenti di vino, la città è stata doppiamente irrigata. Ma oggi a Milano ci sono i bersaglieri. E un salto in Piazza Duomo dovrò pur farlo. Passo però prima, da Brescia, se Antonio mi invita a mangiare il baccalà alla siciliana non posso rifiutare. Momento solenne quello che vivo a tavola, e guai se qualcuno osa parlare di calcio, di scudetto, di tifo. I patti sono chiari. Mi alzerei di brutto e mi allontanerei. Dal cibo. Per fortuna che tutti sono stati ai patti, perché davanti a tanta bontà manco col carro attrezzi mi sarei allontanato da un piatto tanto prelibato.
L’autostrada verso Milano è deserta, Piazza Duomo si avvicina quando sento il primo gol della Roma e lo zero a zero dell’Inter. Credo! Con un’affermazione che supera ben di lunga in entusiasmo quello delle promesse battesimali di un catecumeno in età avanzata. Poi non voglio sapere altro. La fede è fede e quella di uno juventino è incrollabile. Con che faccia affermo ciò, dopo un anno del genere! I bersaglieri bersagliano Piazza Duomo con mille acrobazie, di fanfare, di corsa, in bici. Tricolori, sindaci e parlamentari. Uomini, donne e bimbi. Sono le diciotto. Guardo attentamente quasi come a non volermi far notare, ma osservo attentamente se per caso sventolano bandiere nerazzurre. Non ne vedo. Né caroselli di auto, non sento clacson scatenati. Che sia andata bene? L’illusione dura poco. Icio, amico interista, mi chiama sul portatile. Leggo il suo nome sul led e mi pervade un fortissimo senso di disgusto, di nausea, di dolori addominali, di convulsioni. Faccio fatica a non spegnere. Poi rispondo. Sì, avete vinto? Ci mancherebbe che non fosse così – vigliaccamente mi congratulo – e gli assicuro che se lo sono meritato tutto. Davvero. Peccato sta benedetta Roma, della Sensi di Totti e Ranieri. Ma lo scarto è minimo e il campionato ha decretato così. E così sia!
E se ti capita da Juventino abitare a Milano che fai. Già, e mo’ che faccio? Piazza Duomo cambia scena, le immagini zumano sui bersaglieri e a tutto campo vanno a cercare i caroselli d’auto, gli sventolii di bandiere nerazzure che ora si stanno avvicinando. E ci resto pure io su questa piazza tutta interista. E festa sia. Peccato che manchi una fontana. Stasera ci si tufferebbe volentieri. Stasera si festeggia il 18° scudetto, stasera l’Inter diventa una squadra adulta. Milano che guarda all’Expo del 2015, che disegna i grandi progetti per il futuro è tutta qui in piazza. Ci sono proprio tutti gli interisti. Che bella la festa per uno scudetto che si conquista!