Uno o due cognomi?
Con un Comunicato stampa del 27 aprile 2022 l’Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale ha preannunciato il deposito di una sentenza con cui vengono dichiarate illegittime tutte le norme che attribuiscono automaticamente il cognome del padre. Quali conseguenze? La prima è quella per cui il figlio assumerebbe i cognomi di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due. In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, dovrebbe decidere il giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico.
Si tratta di una decisione (le cui motivazioni saranno meglio conoscibili solo dopo la pubblicazione della sentenza) che, così come si evince dal Comunicato, si fondano sulla ritenuta natura discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio della regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre.
C’è da dire che tale regola non è contenuta in una previsione espressa del nostro ordinamento, ma la si desume da una serie di norme, dettate anche in materia di Ordinamento dello stato civile. E la Consulta già si è espressa sulla materia in argomento (vedi la sentenza n.ro 286 del 2016, relatore, in allora, il giudice Amato), dichiarando la illegittimità costituzionale di tale regola nella misura in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno, e, trattandosi di figli nati fuori dal matrimonio così come di figli adottivi, delle norme (artt. 262 e art. 299 c.c.) nella parte in cui non consentono ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita o, rispettivamente, al momento dell’adozione, anche il cognome materno, prevedendo al contrario che sia attribuito solo quello paterno.
Come il Comunicato sottolinea, nel solco del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale. Diversamente alcuni articoli della nostra Carta costituzionale così come della Convenzione europea dei diritti dell’uomo risulterebbero di fatto ignorati e bypassati.
Ecco perché già nella sentenza del 2016 fu dichiarato dalla Corte che si restava «in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità».
Ma allo stato, pur essendo stati depositati in Parlamento alcuni disegni di legge al riguardo, si è ben lontani da una definizione legislativa.
Questa, peraltro, non si dovrebbe limitare a stabilire la prevalenza di un principio attributivo del cognome dell’uno o dell’altro genitore o della compatibile compresenza di entrambi, laddove concordato e ritenuto plausibile, ma si dovrebbe far carico soprattutto di risolvere ex ante le ‘criticità’ che potrebbero emergere in caso di adozione di diversi cognomi in relazione ai componenti del medesimo nucleo familiare. Questa situazione – diciamo – di possibile “asimmetria” tra i cognomi di fratelli/sorelle del medesimo nucleo familiare potrebbe infatti comportare problemi di sovrapposizione/moltiplicazione di identità nominali difficili da gestire – per esempio – per i pubblici registri: anagrafici, immobiliari, di stato civile, ecc… Ma pensiamo anche alla necessità di un chiarimento normativo circa il numero massimo di cognomi attribuibili ai figli di seconda generazione, ai quali, per ipotesi, in assenza di regolamentazione, potrebbero risultare assegnati ulteriori due cognomi, arrivando a quattro… Magari si potrebbe pensare di poterne attribuire solo due, uno del ramo paterno e l’altro del ramo materno, per evitare scelte discriminatorie: ma anche qui, è importante stabilire quale dei due cognomi del ramo paterno e, rispettivamente, del ramo materno potrà/dovrà essere considerato attribuibile, e, presumibilmente, osservare per tutti e ciascun figlio il rispetto di una medesima regola attributiva.
Inutile dire, inoltre, che la possibile proliferazione di cognomi è una pessima carta da giocare nei rapporti con le pubbliche amministrazioni nelle ipotesi in cui le banche dati da queste possedute e gestite – pur riferendosi alla medesima persona fisica – non siano tra esse collimanti e non consentano di convergere verso la medesima ufficiale e univoca identità nominale della persona stessa, con disguidi e grattacapi che spesso restano a carico dell’indifeso cittadino.
Insomma i principi vanno giustamente tutelati, ma in affianco vanno anche indicate regole chiare (e semplici) con un apposito supporto normativo e, nondimeno, vanno opportunamente organizzati gli apparati e le strutture di pubblica gestione dei dati identificativi delle persone, per non rendere più disagevole e più complessa la loro quotidianità.
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