“Uno di noi” arriva in Parlamento

Quasi due milioni di cittadini di 20 Paesi europei si sono impegnati nella difesa dell’embrione. L'iniziativa è stata illustrata, nei giorni scorsi, nella sala Aldo Moro della Camera dei deputati
Campagna Uno di noi

Tempo di bilanci per la campagna “Uno di noi” in difesa dell’embrione umano messa in atto dai Movimenti per la Vita a cui hanno aderito altri organizzazioni e associazioni di 20 Paesi europei per chiedere un’audizione al Parlamento di Bruxelles e la modifica del regolamento dell’Ue in materia di sperimentazione sulle cellule embrionali. L’obiettivo è stato ampiamente raggiunto, attraverso le sottoscrizioni cartacee e online sul sito www.firmaunodinoi.com che hanno consentito di raccogliere oltre un 1milone e 800mila firme. I risultati raggiunti dall'iniziativa sono stati presentati alla Camera dei Deputati, nella Sala Aldo Moro, il 4 dicembre scorso alla presenza di numerosi parlamentari di vari schieramenti. 

Un’azione trasversale, portata avanti nei 20 Paesi membri dell’Ue, che ha dato vita ad “un ecumenismo per la vita”, non solo cattolico, ma protestante, ortodosso e anche laico, come è stato più volte sottolineato durante la presentazione. La petizione è frutto di un’iniziativa culturale – nata dopo la sentenza del 2011 della Corte di Giustizia europea nella controversia Brustle-Greenpeace sulla brevettabilità delle cellule staminali embrionali – che con lo slogan "l’embrione è uno di noi”, ha portato gli organizzatori ad utilizzare gli strumenti previsti dall’articolo 11 del Trattato di Lisbona, che prevede – come forma di partecipazione diretta – la libera iniziativa dei cittadini europei attraverso la mobilitazione di un milione di residenti di 7 Stati membri dell’Ue.

Ma c’è dell’altro. Ad entrare in campo è ora anche la politica italiana attraverso la “Dichiarazione di politici a sostegno dell’iniziativa dei cittadini europei ‘Uno di noi’”, secondo cui qualsiasi programma politico dovrebbe riconoscere l’uguale dignità di ogni essere umano fin dal concepimento. E non solo. Il documento sottolinea, infatti, come «L’affermazione formale di questo principio, pur nella differenza di opinioni quanto ai mezzi per perseguire il fine di protezione della vita umana, sia indispensabile per politiche di solidarietà e di promozione umana coerente in ogni campo». Obiettivo a breve termine: portare il dibattito sull'embrione nella Commissione straordinaria per i diritti umani del Senato.

Oltre ad una ricaduta più diretta sulla non finanziabilità della ricerca scientifica in ambito Ue, essa servirà a recuperare importanti finanziamenti da destinare ai reali bisogni dei Paesi in via di sviluppo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualsiasi programma politico dovrebbe riconoscere l’uguale dignità di ogni essere umano fin dal concepimento. Ma non solo. «L’affermazione formale di questo principio, pur nella differenza di opinioni quanto ai mezzi per perseguire il fine di protezione della vita umana, sia indispensabile per politiche di solidarietà e di promozione umana coerente in ogni campo». Queste le parole della Dichiarazione di politici a sostegno dell’iniziativa dei cittadini europei  “Uno di noi” per la protezione giuridica della dignità, del diritto alla vita e dell’integrità di ogni essere umano fin dal concepimento nelle aree di competenza UE. Politica, ma anche significato dell’iniziativa, i passi fatti e risultati sono stati presentati alla Camera dei Deputati nella Sala Aldo Moro il 4 dicembre con i deputati della Lista Civica Gian Luigi Gigli, Lorenzo Dellai, Lucio Romano, Mario Sberna, Edoardo Patriarca e Ernesto Preziosi del Pd, Raffele Calabrò per il Ncd e Franco Marguerettaz per la Lega. 

Un’iniziativa trasversale e di unità. ll 1milone 800mila firme della campagna “Uno di noi” di 20 Paesi europei ha dato vita ad “un ecumenismo per la vita”, non solo cattolico, ma protestante, ortodosso e anche laico. Un’iniziativa che ha le caratteristiche per essere culturale perché nata dalla sentenza nel 2011 della Corte di Giustizia europea nella controversia  Brustle -Greenpeace sulla brevettabilità delle cellule staminali embrionali, che ha poi messo in atto gli strumenti previsti dall’articolo 11 del Trattato di Lisbona sul diritto di iniziativa dei cittadini europei come nuova forma di partecipazione diretta sulla mobilitazione di un milione di cittadini di 7 Stati.

I risultati erano stati presentati al Viminale l’11 novembre 2013 in concomitanza agli altri Paesi europei. Oltre alla ricaduta più diretta sul fatto che l’Unione Europea non finanzierebbe la ricerca scientifica sulle staminali embrionali, essa servirebbe a recuperare importanti finanziamenti  ai reali bisogni dei Paesi in via di sviluppo. Ma obiettivo a breve termine sarà quello di portare in Commissione straordinaria diritti umani in Senato il dibattito sulla categoria più fragile tra gli esseri umani.

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