Uno che parla al cuore
Quando parla degli anni della sua infanzia e giovinezza, i suoi occhi sembrano ancora riflettere lo scintillio delle nevi incontaminate dei suoi monti, i Beskydy, che segnano il confine della Cechia con la Polonia. Irena Sargánkova è nata là, a Jablunkov, un centro minerario della Moravia, uno dei tanti che si erano sviluppati con la pianificazione industriale del regime comunista. Mia madre – racconta – insegnava alle elementari e mio padre era tecnico nella miniera di carbone. A scuola si badava a studiare sodo e a non creare problemi. Tutto l’impianto delle materie era non solo agnostico, ma ateo. La fede ci veniva presentata come un residuo di credenze buone solo per i vecchi. Io ero stata battezzata, è vero, ma la religione mi era del tutto indifferente. Nel ’68 Irena ha 15 anni. Ricorda quella data come un punto di svolta nella sua vita. Non certo per i venti della contestazione studentesca che vengono dall’Ovest: la cortina costituisce una barriera più che impermeabile. Ed è ancora troppo giovane per percepire la portata della ventata di primavera che invece allora da Praga ha sfidato il regime sovietico, reclamando invano un socialismo dal volto umano. È invece successo che una sua compagna di scuola sia morta in un incidente stradale. In quella circostanza venni a sapere che si celebrava il suo funerale in chiesa. Per la prima volta mi trovai ad assistere ad una funzione religiosa. È il mese di maggio, ed il celebrante racconta che quella ragazza, qualche giorno prima, volendo fare un dono a Maria nel mese a lei dedicato, si è accostata al sacramento della confessione. Non mi spaventò il pensiero della morte di quella ragazza. Mi toccò invece la bellezza del suo gesto: mai avevo pensato di poter fare della mia vita un dono. Da quel giorno – non sa spiegarsi come – Irena si trova a fare una piccola sosta quotidiana in chiesa. Non partecipavo alle funzioni, anzi, mi mettevo in disparte. Non per timore di essere scoperta. A casa avevo imparato che non si può vivere di paura. Ma per rispetto. Mi sentivo un’intrusa. Pregavo? Non so. Non conoscevo le preghiere. Riflettevo, piuttosto. Dentro di lei, lentamente, si fa strada una certezza: esiste Qualcuno, immenso, inesprimibile, eppure così vicino, che parla al cuore. Finito il liceo, Irena si prepara all’esame di ingresso all’università per la laurea in chimica. Sapevo che era difficile superarlo, ma ormai quell’esame non era più il tutto della mia vita. Se non fossi passata, avevo ancora due mani per lavorare. Invece Irena lo supera brillantemente. Si iscrive all’università e inizia una nuova vita. Continuai cioè a fare ciò che facevo prima. Anche a Praga cercai subito una chiesa. Mi ci recavo molto presto la mattina, prima di cominciare la giornata di studio, a messa. Quelle letture erano per me una sconvolgente scoperta: parlavano di Dio con parole comprensibili, che tutti potevamo intendere. Mi resi anche conto che c’era un momento della messa più solenne: quello che va dalla consacrazione alla comunione. Uscivo proprio in quel momento, per rispetto del mistero. Verso la conclusione degli studi universitari, Irena parte per un viaggio di studio in Olanda. È un’opportunità da non perdere: si sa tanto poco di ciò che accade dall’altra parte della cortina. Una sera, passando per una strada di Amsterdam, il gruppo degli studenti cecoslovacchi, scorge, dietro una finestra spalancata, due donne, diciamo così, poco vestite. Forse si sono dimenticate di chiudere la finestra , esclama Irena arrossendo. Uno studente olandese la guarda meravigliato: Non sai che quella è una strada speciale, con vetrine speciali di ragazze che si vendono? . Sì, lo so – risponde col suo tedesco stentato -. Tuttavia, provo una grande vergogna per loro. Sei credente?, le chiede il giovane olandese. Irena ha un tuffo al cuore. Sì, lo sono – gli risponde – anche se non so nulla della Chiesa. I due giovani si trovano a parlare, seduti sul gradino di un palazzo, fino a tarda notte. In Occidente, in quel clima di libertà, Irena apre il suo cuore, e manifesta al giovane olandese tutte le sue scoperte di quegli anni. Non sa di aver accumulato un tesoro dentro di sé. E, contemporaneamente, scopre che quel Dio sconosciuto è lo stesso di cui parla anche l’amico olandese, che racconta di averlo incontrato, proprio come lei, seppure in un contesto molto diverso. Anche quando va in montagna con la squadra della sua facoltà per allenarsi sulle piste da sci, Irena si mette subito alla ricerca di una chiesa. È il piccolo spazio intimo e segreto, personale, che suole ritagliarsi, pur apprezzando la compagnia degli amici. Una volta trovai un giovane sacerdote in una chiesetta sperduta. Ero con alcuni atleti del gruppo, che pur non facendomi domande (non si poteva, allora la prudenza non eramai troppa) erano in un certo senso incuriositi, conoscendomi bene, dal mio atteggiamento verso la religione. Il prete, Miroslav Simacek, ci accolse con grande cortesia, mettendosi a disposizione per l’orario della messa che fosse a noi più conveniente. Ci invitò a trascorrere qualche serata da lui, in parrocchia. Con nostra sorpresa, trovammo ad attenderci dei giovani, non solo del posto. Qualcuno veniva da Praga. Sono giovani del clandestino (allora) Movimento dei focolari, che si incontrano lassù periodicamente. È, per Irena e i suoi amici, l’impatto con una comunità cristiana giovane, piena di vita e di iniziativa, ben lontana dall’estinzione. Diviene perciò consuetudine anche per lei ritornare in montagna per incontrarsi con quegli amici. Di tanto in tanto, arriva un uomo alto e dalle mani callose, un lavavetri. È Miloslav Vlk, futuro cardinale e attuale arcivescovo di Praga. Lei non sa che è un sacerdote, fino a quando non lo vede concelebrare la messa. È lui ad introdurla più decisamente nella spiritualità dell’unità. E maturato il tempo per ricevere, già da adulta, i sacramenti della cresima e dell’eucarestia. Per la mia preparazione, fui indirizzata ad un parroco di Praga, padre Karel Pilik. Quella parrocchia nel centro della città era il cuore nascente della comunità del movimento, che lui proteggeva. Fu così che diventai cristiana.