Universitari sul piede di guerra
Le organizzazioni studentesche universitarie mantengono occupazioni in 171 università e circa 1200 scuole superiori di 21 dei 27 dei Stati che compongono la Repubblica federale del Brasile.
Si tratta di una protesta contro la riforma dell’istruzione secondaria prevista dalla “Misura Transitoria 746” e contro i Progetti di Emendamento Costituzionale (PEC) 241 e 55, che tagliano fortemente le spese pubbliche federali.
Il presidente ad interim del Brasile, Michel Temer ha annunciato due settimane fa i due provvedimenti PEC, che “congelerebbero” gli investimenti pubblici per ben 20 anni, come misura anticrisi. La polemica non si è fatta attendere, perché il capo dello Stato specificato che nessuna voce di spesa si sarebbe salvata dalle forbici, includendo salute ed educazione.
Ieri, in un seminario di imprenditori a Brasilia, Temer ha accusato il movimento studentesco di utilizzare “argomenti fisici” (le occupazioni) anziché “intellettuali e verbali”, ed ha ironizzato circa la presunta ignoranza degli studenti: “(Io domando loro) sapete che cos’è una PEC? Una Proposta di Insegnamento (‘Ensino’) Commerciale”, e si è apprestato a chiarire che si trattava di “un esempio generale del fatto che le persone dibattono senza discutere o leggere il contenuto” dei provvedimenti.
La riforma delle superiori è duramente criticata dal mondo accademico anzitutto perché imposta senza consultare le parti in causa, e perché la differenziazione in un ciclo comune e uno “orientato” per aree disciplinari frammenterebbe la formazione degli studenti. Gli studenti, infatti sceglierebbero, dopo un solo anno e mezzo di formazione comune, un orientamento particolare che non prevede lo studio di filosofia, sociologia e altre materie umanistiche che, secondo i detrattori del provvedimento, aiutano i ragazzi a comprendere il mondo e la società. Il governo intende formare specialisti senza senso critico, affermano.
Inoltre i docenti non sarebbero più obbligati ad avere una laurea nella materia che insegnano.
Le scuole non possono offrire l’infrastruttura necessaria per le previste lezioni a tempo pieno e le autorità dell’Istruzione non dispongono del numero necessario di docenti preparati nelle aree proposte.
«Presentato come una formula per trovare l’equilibrio nelle spese pubbliche, il PEC 241 limita le spese primarie dello Stato, come l’educazione la salute, le infrastrutture, la sicurezza», afferma un documento contundente e coraggioso dei vescovi brasiliani.
La Conferenza episcopale (CNBB) definisce il progetto “ingiusto e selettivo”.
«Sceglie che siano i lavoratori e i poveri a pagare per il risanamento delle spese pubbliche incontrollate. Ovvero – chiarisce la nota –, pagherebbero coloro che necessitano maggiormente dello Stato affinché i loro diritti costituzionali siano garantiti».
La proposta, inoltre, «sopravvaluta il mercato in detrimento dello Stato» ed è «un affronto alla Costituzione», poiché va contro gli articoli che «garantiscono un limite minimo di investimento in salute ed educazione».
In quanto alla finanza, dicono i vescovi, la PEC «non menziona tetto alcuno per le spese finanziarie come, per esempio, il pagamento degli interessi del debito pubblico. Perchè questo trattamento differenziato?», si chiedono i prelati, che richiamano al «dibattito ampio e democratico della proposta e legittimano la mobilizzazione popolare e la società civile, che sono fondamentali per il superamento della crisi economica e politica».
«Pesa sul Senato Federale la responsabilità di dialogare ampliamente con la società circa le conseguenze del PEC 241», conclude in documento, letto in conferenza stampa dai dirigenti della CNBB.
Martedì, il gruppo parlamentare dell’opposizione ha presentato 4 proposte alternative alla PEC per limitare la spesa pubblica, secondo l'Agenzia Brasile, che non toccano la spesa procapite, assicurando così che gli investimenti statali corrispondano alla crescita demografica.
Economisti e accademici assecondano gli studenti, che lottano per mantenere le occupazioni.
Nello Stato meridionale del Paraná, alcune scuole sono state sgomberate dalle forze dell’ordine per decisione della Giustizia. L’ultimo dato affidabile a riguardo parla di 1.198 scuole superiori occupate da studenti in tutto il Paese, oltre alle citate 171 università.