Un’Italia debole in un’Europa debole

A problemi complessi servono risposte complesse. La “bomba” degli immigrati necessita soluzioni condivise e… federaliste
Extracomunitari

Lo andiamo ripetendo da giorni e giorni: il problema degli arrivi dalla Tunisia non sono una momentanea esplosione di malessere, ma la punta dell’iceberg di un profondo cambiamento in corso nelle società nordafricane e arabe in genere. Un movimento improvviso e deflagrante, che è solo agli inizi e dagli sviluppi ancora incerti. Molto dipenderà, lo ripetiamo, dall’atteggiamento che l’Europa saprà avere nei suoi confronti. Si era perciò invocata una grande azione di avvicinamento e di sostegno alle nascenti libertà di quelle regioni, con apporti culturali ed economici. Purtroppo la sola risposta vera è stata quella delle armi. Tristissima risposta.

 

È per questo motivo che in questi giorni stiamo reagendo conarticoli talvolta assai decisi contro i pannicelli caldi che vengono riproposti. Bisogna guardare alto, avere il senso che la storia la stiamo costruendo. E proprio per ciò pensiamo che non siano da passare sotto silenzio quanto rischia di peggiorare le cose per mancanza di coordinamento, di decisione e di rispetto.

 

La mancanza di coordinamento è evidente a livello italiano – vedi le dimissioni dell’on. Mantovano da sottosegretario agli Interni per divergenze col suo stesso governo sulla gestione delle tendopoli per gli immigrati, in particolare quella di Manduria – ma ancor più a livello europeo – vedi la vicenda di Ventimiglia, ma anche di altri valichi con la Francia, che respinge i tunisini arrivati a Lampedusa e sfuggiti alle maglie dei controlli, con lo scopo di recarsi oltralpe, quasi sempre per ricongiungimenti familiari. Ha ragione Maroni quando dice che il problema immigrati riguarda tutta l’Europa; ma che credibilità ha l’Italia oggi in Europa?

 

La mancanza di decisione è apparsa evidente quando si è trattato di “distribuire” i tunisini arrivati a Lampedusa tra le diverse regioni italiane. Gioco al rimpiattino, parole grosse dei leghisti, confusione tra rifugiati e immigrati clandestini… Purtroppo il federalismo alla prima prova si sgretola; o meglio si rivela nei fatti un federalismo egoistico e non solidale, come più volte invocato da chi conosce bene l’Italia nella sua complessità.

 

La mancanza di rispetto, infine, che purtroppo è venuta soprattutto dalla visita del presidente del Consiglio a Lampedusa, di per sé auspicabile molto prima e svoltasi tra battute di cattivissimo gusto e ostentazione della personale ricchezza. Cosa che ha oscurato sui media la civilissima reazione dei lampedusani, che per settimane hanno mostrato il volto migliore degli italiani: l’accoglienza rispettosa.

 

Che fare? Mi piace riportare quanto detto il 30 marzo da mons. Bregantini alla presentazione romana del libro-intervista fattogli dal nostro Paolo Lòriga, dal titolo:Il nostro Sud in un Paese (reciprocamente) solidale. Le fondamenta della casa sociale, secondo l’arcivescovo di Campobasso, sarebbero di cinque livelli: il più basso è quello della spiritualità; il secondo quello dell’etica, che verifica la coerenza tra convinzioni e azione; il terzo è quello della cultura, che permette alla spiritualità e all’etica di diventare pertinenti socialmente parlando; il quarto, e solo il quarto, è quello della politica che deve essere tener conto e riassumere in leggi e istituzioni lungimiranti la spiritualità del popolo, i suoi comportamenti etici e le sue convinzioni culturali; infine arriva l’economia, che dovrebbe esprimere l’atteggiamento solidale dell’intera società verso i più deboli con il supporto della politica, che a sua volta deve essere culturalmente fondata, eticamente pertinente e spiritualmente solida.

 

Probabilmente dobbiamo ricominciare dal primo piano dell’edificio sociale chiamato Italia: la spiritualità, che non è solo dei cristiani o dei credenti. Vivendo questo primo livello spirituale,di interiorizzazione e riflessione – non certo quello che si osserva nei lavori del nostro Parlamento – siamo liberi di poter esprimere un pensiero rispettoso su provvedimenti, atti e dichiarazioni entrando nel merito, non per partito preso e non contro qualcuno. Per il bene comune.

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