Unità emergente: cibernetica e Vangelo

Quello che avviene in un legame chimico tra molecole, la creazione cioè di un composto diverso dall'originale, può essere una metafora di quanto accade nei rapporti umani quando sono intrisi d'amore
Atomium, Bruxelles.

Continuiamo ad approfondire il pensiero dello scienziato Piero Pasolini, già citato in un precedente articolo. Pasolini affermava che la cibernetica è la scoperta più importante dell’epoca moderna in campo scientifico, nata a Boston da due uomini di scienza, Wiener (matematico) e Rosenblueth (fisiologo), qualche anno prima dell’ultima guerra mondiale.

Loro scoprirono insieme un principio fondamentale su cui sembrava si potesse basare la struttura di tutto ciò che esiste, il principio di feed-back o retroazione. Un principio alla base di ogni movimento automatico, di ogni azione coordinata e finalizzata, di ogni evoluzione: dall’atomo all’uomo. «E se il sistema è cibernetico, le sue singole parti, atomi o.… uomini che siano, debbono avere tra loro rapporti di interdipendenza tali che l’insieme che ne viene fuori acquista una propria individualità, una fisionomia, funzionalità e finalità nuove e originali, diverse da quelle delle parti. In una parola esso non è la somma delle sue parti, ma ne è l’unità» (P. Pasolini L’avvenire migliore del passato, Città Nuova 1982, pag. 173).

Questo è un concetto fondamentale in Chimica, dove vediamo a livello dei composti emergere proprietà che non erano presenti negli elementi di partenza. Solo per fare un esempio, l’aria che respiriamo è un miscuglio gassoso che contiene sia l’idrogeno che l’ossigeno, che a temperatura ambiente (25°C e 1 atm), sono gas incolori e inodori con proprietà caratteristiche. Ma quando questi elementi si legano chimicamente, emergono proprietà completamente nuove. L’acqua che si forma in seguito alla reazione chimica è un liquido trasparente che bolle a 100°C e gela a 0 °C ed è in grado di spegnere la fiamma, a differenza dell’ossigeno che l’alimenta e dell’idrogeno che è infiammabile.

Semplificando, per capire come ciò accade, bisogna tenere conto che ognuno dei due elementi è formato da piccole particelle, gli atomi, che nella reazione si legano chimicamente tra loro per formare un nuovo aggregato in cui sono presenti atomi diversi in proporzioni definite e costanti: la molecola di acqua.

È rimasta nella storia la geniale definizione di atomo del chimico palermitano Stanislao Cannizzaro, data nel Congresso di Chimica di Karlsruhe nel 1860 che si meritò una standing ovation, quando descrisse l’atomo come «la più piccola parte di un elemento che entra in una molecola di un suo composto». Ma, come ha evidenziato in suo articolo scientifico il chimico Antonino Puglisi, ricercatore in chimica organica e supramolecolare, non basta sapere quali e quanti atomi costituiscono una molecola per prevedere il suo comportamento. È la struttura della molecola, il modo in cui gli atomi sono legati tra loro, a determinare le sue proprietà e la sua reattività. «La struttura molecolare può rappresentare cioè la proprietà emergente del sistema complesso molecola (…) Il fatto che la molecola sia costituita da atomi non è certo negato, ma in nessun caso la molecola sarà “nient’altro-che-un-aggregato-di-atomi” (…) Questo è un esempio di proprietà emergente: il “tutto” (la molecola) è più della semplice somma delle sue “parti” (gli atomi)».

Passando ora ad un piano del tutto diverso, quello spirituale, e senza voler paragonare direttamente la formazione dell’acqua, un processo fisico-chimico ben definito, all’unione spirituale, ricordo che, spesso, Chiara Lubich ricorreva alla metafora del legame chimico quando voleva spiegare cosa succede se due persone vivono il comandamento che Gesù definisce Suo e Nuovo. Con “L’amatevi a vicenda come Io ho amato voi” ci viene indicato un nuovo modo di rapportarsi fra di noi con delle conseguenze, che Gesù esprime chiaramente nel Vangelo quando dice: «Dove due o più sono uniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro».

In una conversazione, tenutasi a Payerne, in Svizzera, nel 1980 e che è rimasta tra “i fondamentali” della spiritualità dell’Unità, Chiara si esprime così: «Come quando due elementi si combinano e ne viene fuori un terzo, che non è la somma di due elementi ma un’altra cosa, così quando Antonio e Livio si amano in questa maniera, avendo come misura dell’amore la morte, cosa vien fuori? Un terzo elemento. Non è Livio più Antonio, Antonio più Livio, non è un miscuglio di due persone, non è un gruppo di due o più persone: è Gesù. È Gesù! Una cosa favolosa! “Dove due o tre sono uniti nel mio nome − dice Gesù − (che vuol dire in questo amore, in me) io sono in mezzo a loro, che vuol dire in loro».

Lo scienziato Piero Pasolini, nel quale la scienza e il carisma evangelico di Chiara avevano fatto “ciack”, va oltre la metafora e afferma: «Il Vangelo − ripeto − ci ha rivelato che anche l’uomo progredisce nel rapporto. Se io esisto per gli altri, cioè se sono legato con l’amore ad altri, sono nel piano di Dio. E se sono così, rapportato con l’altro, continuamente cresco e mi trasformo, e do vita a un’altra Realtà che mi trascende (…) Per questo diciamo che, uniti nel Suo nome, diventiamo Gesù. Ci trascendiamo, grazie a quella “scintilla” che è la grazia, in Qualcuno che è più di noi, pur rimanendo noi quelli di prima (…) Questo è l’atto “cibernetico” che deve fare l’umanità: unirci insieme l’uno all’altro, non per terminare l’uno nell’altro, ma per terminare in qualcosa che è al di là di noi, che si chiama Gesú. Questa è la “cibernetica del Vangelo”» (A. Zirondoli, Oltre la scienza, il viaggio di Piero Pasolini, Citta Nuova, 1990, pag. 60).

Ma non bisogna pensare che questo sia un processo riservato solo ai cristiani. Chiunque si rapporti all’altro con ascolto, accoglienza e gratuità fino alla reciprocità, può creare le condizioni per un’unità emergente, generando processi di miglioramento sociale.  Quello di cui dobbiamo prendere coscienza è l’importanza di creare delle reti di collaborazione che possano consentirci di “far emergere” nuove possibilità di  sinergia tra individui, tra gruppi, in un’interdipendenza che trascende i singoli componenti.

Concludo con la Laudato si’ di papa Francesco (2015): «L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune. Ma lo stesso ingegno utilizzato per un enorme sviluppo tecnologico, non riesce a trovare forme efficaci di gestione internazionale in ordine a risolvere le gravi difficoltà ambientali e sociali» (LS 164).

Forse troveremo le forme efficaci di risoluzione delle sfide globali, solo con la necessaria cooperazione internazionale, costruendo reti di fiducia, di collaborazione e di azione concreta, ispirate ai principi di giustizia sociale e di sostenibilità ambientale.

E se questa interconnessione porterà a qualcosa di più grande, di finalizzato ad un mondo più unito, più in pace, si potrà parlare davvero di un atto “cibernetico” che segna un passo in avanti nella evoluzione dell’umanità.

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