Unione Facebook, Whatsapp e Instagram
Facebook ha annunciato nei giorni scorsi l’intenzione di dare una svolta radicale alla sua piattaforma attraverso l’unione in un unico sistema delle tre chat della sua azienda: Facebook Messenger, WhatsApp e Instagram, tre app che sembrano simili e che invece intercettano segmenti di utenti, aree geografiche, mercati molto diversi tra loro.
Una mossa che permetterebbe agli utenti di ciascuna delle tre piattaforme made in Facebook di comunicare tra di loro senza bisogno di avere un profilo sullo stesso social network. Questo vorrà dire che un utente di Facebook senza un profilo su WhatsApp potrà contattare un utente di Instagram o WhatsApp senza che essi siano presenti su Facebook.
Un giro un po’ contorto che non comporterà nessun cambiamento di interfaccia o la cancellazione dei profili di Instagram o WhatsApp, perché il team di Facebook sta lavorando per creare un unico contenitore dei dati di tutti e tre i servizi, anziché tre contenitori isolati l’uno dall’altro come adesso. Questo vorrebbe dire che WhatsApp e Instagram si trasformerebbero in semplici punti di accesso ai dati conservati presumibilmente all’interno di Facebook.
«Credo che dovremmo lavorare verso un mondo in cui le persone possano parlare privatamente e vivere liberamente sapendo che le loro informazioni saranno viste solo da chi vogliono vederle e non resteranno per sempre», dice Zuckerberg nella sua nota, citando i sei punti che intende perseguire con questa mega operazione: le interazioni private, la sicurezza delle comunicazione attraverso la crittografia, la riduzione della permanenza dei messaggi, l’interoperabilità e l’archivio sicuro dei dati.
La rivoluzione, che mira a trasformare l’ecosistema Facebook da piazza a salotto, pone un evidente vantaggio strategico: da una parte concentrare i dati degli utenti permetterebbe di attuare un risparmio sui costi, dall’altra di ottenere una grande monetizzazione di una platea di utenti praticamente sterminata (le tre piattaforme contano, insieme, 3.8 miliardi di utenti in tutto il mondo). Per questo regna molto scetticismo rispetto al fatto secondo cui questo progetto sia stato pensato per proteggere i nostri dati e le nostre comunicazioni, mentre risulta più semplice pensare che si tratti di una mossa per fronteggiare società competitor e consolidare il potere globale, creando una sorta di “sistema operativo delle nostre vite”.
Il progetto di Facebook evidenzia molti punti critici: da un punto di vista tecnico bisognerà capire, ad esempio, come verrà gestita l’estensione della crittografia end-to-end di WhatsApp anche a Facebook e ad Instagram. Ma il tasto dolente è inevitabilmente quello che riguarda la privacy, perché nonostante le rassicurazioni di Zuckerberg in questo senso, l’“ossessione” di Facebook per i nostri dati non è certo una novità.
Anche per lo scotto del recente passato in fatto di privacy, che ha creato nelle autorità di vigilanza europee una certa sensibilità verso la necessità di tutelare la privacy dei cittadini, è molto chiara nelle istituzioni la necessità di un monitoraggio preventivo. L’Autorità garante irlandese (dove c’è la sede di rappresentanza nell’Ue di Facebook) si è già mossa chiedendo urgenti spiegazioni in merito al progetto di fusione, che potrebbe vedere la sua luce entro la fine del 2019 o al più tardi all’inizio del 2020. E anche negli Stati Uniti si è aperto un dibattito politico che probabilmente potrebbe portare a coinvolgere la Federal Trade Commission, l’ente preposto alla tutela della privacy e alla concorrenza.
E qui si apre un altro aspetto critico della vicenda: è evidente che se porterà a termine questa integrazione, la posizione di Facebook sarà di assoluta dominanza su una grande fetta del mercato dei dati delle chat, anche se a dire il vero il monopolio lo è già oggi “di fatto”, visto che WhatsApp e Instagram sono già di proprietà di Facebook.
Il progetto di Facebook guarda verso un futuro non ravvicinato, ma è bene essere consapevoli di cosa si sta muovendo sotto le nostre tastiere, per prendere noi, come le autorità competenti, le necessarie contromisure. Questo progetto sarà un bel banco di prova per il GDPR (il regolamento europeo della privacy che da un anno a questa parte regola anche in Italia questo aspetto), le cui norme potrebbero essere già “vecchie” e non bastare già più, necessitando di alcuni adeguamenti. Questo non è di per sé un male, perché la sfida che ci si sta aprendo davanti è quella dell’“etica dei dati”. E sempre più gli impianti normativi dovranno imparare a correre almeno con lo stesso passo dello sviluppo tecnologico per provare a governarlo con regole chiare, flessibili e valide a livello mondiale.