Un’idea di sinistra
Chi è Walter Baier?
Provengo da una famiglia di lavoratori di Vienna. Mio padre è sopravvissuto al campo di concentramento, prima a Dachau poi ad Auschwitz. Questa esperienza ha avuto un ruolo importante nei miei primi anni di vita. Mia madre era un’umile, rispettabile donna cattolica. Invece mio padre, quando si parlava di religione, diceva di non sapere perché nessuno sia tornato dopo la morte. Hanno dovuto trovare un modo per vivere insieme, per cui sono cresciuto in un’atmosfera rilassata sulle questioni religiose.
Filosoficamente ed eticamente non ero lontano da come mia madre percepiva la vita. E l’agnosticismo di mio padre, che prevaleva, non mi impediva di essere molto vicino alla gente della gioventù operaia cattolica, coinvolta nel movimento per la pace. Mi piacevano perché, a differenza delle persone delle organizzazioni giovanili dei partiti politici, non avevano molta voglia di fare carriera politica. Politicamente ho seguito la strada di mio padre, nel modo di pensare sono marxista, sono comunista….
Come ha deciso di aderire a un movimento politico?
Tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta sono stato coinvolto nel movimento contro la guerra in Vietnam, che ha radicalizzato le mie opinioni e la mia critica nei confronti della società esistente. La ragione vera, sotto la superficie, era che sono cresciuto in una famiglia povera. Anche se una certa incidenza l’ha avuta anche la possibilità di studiare e sviluppare una cultura intellettuale.
Mi chiedevo, da intellettuale, come contribuire al miglioramento della vita della mia classe sociale. Ero coinvolto nell’organizzazione giovanile socialdemocratica, ma poi il partito decise di abolirla. Nello stesso periodo il partito di mio padre e gli studenti socialisti volevano creare un nuovo partito laburista trotskista. L’ho trovato infantile: un pugno di 200 alunni e minori crea un partito laburista! Così ho deciso di passare al partito laburista esistente, che era il partito comunista.
Dentro il partito ha fatto carriera?
Come primo passo della carriera sono stato escluso dall’organizzazione giovanile perché troppo radicale. Alcuni vecchi compagni, però, si opposero alla mia espulsione. Così mi sono iscritto al sindacato degli universitari comunisti, e dopo un paio d’anni ne sono diventato presidente. In quel periodo, riuscimmo a mettere fuori legge il partito neonazista, una grande vittoria. In seguito, dal 1981 al 1985 sono stato eletto leader del Movimento pacifista austriaco; era il tempo della resistenza contro i missili a medio raggio.
Qui ho stretto amicizia con alcuni leader cattolici e, pur essendo comunista, ho parlato alla manifestazione finale; per settimane nei media si è discusso di come era stato possibile questo. Finché nel 1994 sono stato eletto presidente del partito comunista.
Nel 1989 è cambiata la sua visione del mondo?
Per me è stata una catastrofe. Noi, giovane generazione di comunisti, non eravamo ingenui riguardo alle condizioni del “socialismo reale”. Ma avevamo l’idea ingenua che i vecchi sarebbero andati in pensione e sarebbe poi arrivata una nuova generazione capace di una trasformazione organica. In realtà il sistema era corrotto e intriso di morte. Non ero a conoscenza, per esempio, della portata dei crimini di Stalin. Poi seppi che anche molti comunisti austriaci emigrati in Unione Sovietica furono ingiustamente condannati a morte e morirono nei campi. Quindi ho messo in discussione tutto…
Ma non la base teorica del marxismo?
Questa è una buona domanda! Le tesi teoriche del marxismo si riferiscono al capitalismo reale esistente. Intellettualmente parlando, mi chiedevo: se sono giunto alla conclusione che il vero socialismo è cattivo, questo implica necessariamente che il vero capitalismo sia buono? Dal momento che non trovavo buono il capitalismo, ho dovuto reinventare il mio pensiero su come potrebbe essere una società migliore, più giusta e sostenibile. Quel periodo di riflessione è durato più di 10 anni.
Fino a che…
La conclusione è stata il World Social Forum, nel 2000 e anni successivi. Dal 1999 in poi mi sono occupato del partito comunista. Dovevo da un lato pensare e dall’altro guidare. Ho cercato di sviluppare nel partito una discussione profonda sulla nostra storia, sulle sofferenze dei nostri compagni nei campi stalinisti. Allo stesso tempo ho cercato di salvare il partito dalla scissione o dalla dissoluzione, o dall’essere ricacciato in un pensiero autoritario. Sebbene fosse in larga misura un compito politico e organizzativo, era anche intellettualmente stimolante e arricchente.
Nel 2006 ha fondato il thinktank transform!europe…
Mi sono dimesso dall’incarico di presidente del partito comunista per terminare i miei studi in economia. In quel momento è stato fondato il partito della Sinistra Europea e mi è stato chiesto se ero disponibile a mettere su la corrispondente fondazione politica, cioè il pensatoio del partito. In questi anni ho consolidato la mia visione sulla possibilità di utilizzare l’analisi marxista per interpretare e cambiare il mondo.
Una visione tradizionale e primitiva del marxismo direbbe che il mondo si sviluppa in una certa direzione. Ma niente è certo. L’unica cosa sicura è che ci sono varie possibilità. Quindi il marxismo è un senso di possibilità scientificamente fondato. Ho contribuito con 150 articoli e 3 libri a rivisitare la strategia della sinistra, trovando un certo equilibrio tra domande e possibili risposte.
C’è oggi sul tavolo una proposta consolidata della Sinistra?
No. La Sinistra è riuscita in parte a reinventarsi: potrebbe proporre un socialismo ecologico o la pace e il disarmo Ma non ha una vera visione globale del mondo e una strategia per cambiarlo. Lasciatemi essere molto franco: guardo con una certa ammirazione alle encicliche di papa Francesco, che ad esempio con Fratelli tutti dà una visione completa del mondo. Non posso dire che la sinistra sia ancora arrivata ad un simile stato di analisi e visione di un possibile cambiamento.
Perché hanno deciso di eleggerla presidente della Sinistra Europea?
Dovrebbe chiederlo a loro… La cosa più bella che si è detta di me è che sono una persona di dialogo per cui molte persone di sinistra credono che io abbia le capacità per condurre il partito in modo convergente, creando un clima di confronto e di coerenza che mantenga la famiglia unita. Prima di tutto, dovremmo pensare alla base della Sinistra che è la classe operaia o le classi lavoratrici o la parte oppressa della popolazione.
Per la classe oppressa è quasi impossibile sviluppare una cultura coerente, indipendente rispetto alla classe dirigente, che nei millenni ha sviluppato la sua cultura, in tanti modi e varianti. Se una variante non funziona, provi quella successiva; il liberalismo non funziona, allora vengono i fascisti; neanche il fascismo funziona, quindi tornano i liberali, ma un altro tipo di liberali. Questa è la cultura della classe dirigente. La classe oppressa in questo senso è sempre svantaggiata.
E gli intellettuali di sinistra?
Gli intellettuali che si associano alla classe oppressa dovrebbero, in una certa misura, lasciare la classe da cui provengono. Molto spesso sono caratterizzati da una cultura della competizione. Lo vedi nelle discussioni. Arriva una nuova generazione e dice: tutto deve essere fatto in modo diverso, noi siamo quelli nuovi e partiamo da zero. Così però la conoscenza e l’esperienza non vengono accumulate, ma scartate. Penso che la cosa più difficile per la classe oppressa sia sviluppare una “cultura di conoscenza ed esperienza accumulate”, per creare una propria cultura di opposizione, che sia anche in grado di unire, non di dividere. È una valutazione molto personale del problema.
Come è iniziata la storia di Dialop?
In generale penso che con l’elezione di papa Francesco la situazione sia cambiata completamente, sostanzialmente. Non solo per la Chiesa cattolica, ma anche per tutte le forze filosofiche e culturali che si sentono in opposizione al neoliberismo. Perché quello che insegna il papa è – direi – un modo di unire, che è contrario al consumismo individuale. Questo porta il papa e le parti della Chiesa che lo seguono in una posizione vicina alla posizione della sinistra, che cerca di enfatizzare i valori collettivi comuni.
La sinistra per molto tempo ha sbagliato: non ha capito che uomini e donne sono anche individui, e come individui vanno intesi. Ma allo stesso tempo, essere un individuo significa essere parte della società. Quindi la sinistra, se è una sinistra socialista, è un collettivismo umanistico e anche la Chiesa a suo modo è un collettivo. Questo ci unisce e ci permette di entrare in un dialogo e di identificare obiettivi comuni come la salvezza dell’ambiente, la difesa dei diritti dei poveri, il tentativo di raggiungere la pace e la trasformazione con mezzi pacifici, tutti valori che condividiamo.
L’amicizia con i Focolari risale al 1998…
Su iniziativa di p. Mario Maggio, sacerdote (Ordine Trinitario) in una grande chiesa di Vienna famosa per l’accoglienza dei profughi ci siamo conosciuti persone del partito comunista e dei Focolari. Abbiamo iniziato a discutere, ci siamo confrontati, siamo diventati amici, poi siamo andati insieme al World Social Forum. Insieme abbiamo organizzato una grande manifestazione contro la guerra in Iraq, anche con una preghiera nella Cattedrale di Santo Stefano di Vienna. E poi nel 2014 è nata l’idea di chiedere udienza a papa Francesco.
Un incontro decisivo…
L’incontro col papa è stato un momento determinante: il papa molto semplicemente ha detto: «Avanti! Credo che siate sulla strada giusta, il dialogo è al centro del mio insegnamento». Ha anche espresso la sua indignazione per molti fatti che caratterizzano il capitalismo. Quindi, con questo supporto morale, abbiamo intensificato gli sforzi. Negli anni successivi ci sono stati alcuni seminari congiunti, nell’ambito della Sophia University. Poi c’è stata una meravigliosa scuola estiva con circa 40 giovani sull’isola di Syros, in Grecia.
Così il dialogo è diventato sempre più stabile: ha ormai le caratteristiche di una piccola istituzione. Non dipende dal fissare un appuntamento di giorno in giorno, ha una sua continuità. In questo momento gestiamo un progetto in cui giovani ricercatori del movimento dei Focolari collaborano con giovani ricercatori di transform!europe. Siamo coinvolti congiuntamente in iniziative di pace, in particolare per l’Ucraina. Abbiamo prodotto documenti sul nostro metodo di dialogo (vedi sito dialop.eu) Abbiamo avuto un bellissimo incontro con il cardinale Tolentino de Mendonca, a capo del dicastero per la cultura e l’educazione, che ci ha espresso sostegno. Saremo probabilmente presenti alla Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona quest’estate.
Gli eventi sono umili, il denaro non è disponibile nella misura in cui sarebbe necessario, ma il dialogo si svilupperà. Ora, essendo diventato presidente del Partito della Sinistra, ho lasciato il gruppo di coordinamento di DIALOP, ma spero che rimarremo in contatto e svilupperemo la nostra cooperazione in amicizia.
Quanta importanza ha avuto l’amicizia in questa storia?
È stata molto importante. Durante la presentazione del mio libro ultimo sul marxismo, mi è stato chiesto in vari eventi cosa penso dell’identità comunista. Ho risposto che non credo nell’identità, ma nelle relazioni sociali con obiettivi e azioni comuni. Ciò significa che l’amicizia e la solidarietà sono effettivamente il contenuto principale di ciò che stiamo facendo insieme.
Questo è, tra l’altro, quello che ho imparato particolarmente nella collaborazione con i miei amici dei Focolari. Non era scontato. Normalmente se collaboro con qualcuno lo faccio in modo professionale e orientato a un risultato concreto. Ma se vuoi costruire, per costruire qualcosa hai bisogno di relazioni sociali. Le relazioni sociali in realtà sono amicizia, o forse potremmo dire che sono amore. È importante!
Perché ha scritto il suo ultimo libro: Marxismo – Storia e tematiche di una teoria pratica?
Tra le giovani generazioni c’è un crescente interesse per la teoria marxista. Solo che la teoria marxista disponibile è a volte molto povera, e principalmente basata sull’idea che il marxismo crea una forma di identità. Ma non è così perché, se correttamente applicata, è una teoria scientifica. Ha lo scopo di portare le persone al dialogo e non di separare le persone dalle altre persone (come succede esaltando troppo le identità). Volevo dimostrare questo e la necessità di un dialogo con i cristiani e con la Chiesa cattolica.
Ma al di là dell’esempio concreto del dialogo con la Chiesa cattolica, c’è anche la necessità che la nostra gente impari che il dialogo non è un segno di debolezza, ma una necessità per trasformare il mondo. Se non sei in dialogo, non stai trasformando nulla, tranne forse te stesso, nel migliore dei casi. Quindi il libro ha l’intenzione di contribuire al dialogo e allo stesso tempo dimostrare l’utilità della teoria marxista.
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