Un’estate di fuoco
La Sicilia “brucia”. Da Messina a Palermo, da Ragusa a Enna. Le fiamme, alimentate dal vento di scirocco, ma anche dai repentini cambi di direzione, in poche ore tra giugno e luglio hanno distrutto interi boschi minacciando case ed edifici pubblici. A Patti ci sono stati numerosi intossicati, aziende danneggiate e persone evacuate. A Chiaramonte Gulfi le fiamme sono partite da una distanza di 7 km, mandando in fumo le aziende Tumino e Cascone, che hanno perso stalle, rotoballe, macchine e animali, provocando danni ed evacuazioni anche agli altri residenti.
I sindaci di Patti e Chiaramonte hanno incontrato il presidente Rosario Crocetta. La giunta regionale ha dichiarato lo stato di calamità, ma non basta. Servono risorse per ricominciare. E in Sicilia, per precedenti eventi calamitosi (alluvioni, gelate, trombe d’aria, ciclone Athos), non sono mai stati stanziati dei fondi per aiutare chi ha perso tutto.
Sotto accusa anche la mancanza di mezzi adeguati. Il capo dipartimento della Protezione civile nazionale, Fabrizio Curcio, ha evidenziato «le criticità regionali». In particolare, ha affermato che gli incendi hanno «evidenziato la grave condizione in cui versano le strutture della Sicilia deputate alla previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi e di interfaccia». Curcio ha anche sottolineato «le fragilità del sistema regionale, le difficoltà di gestione della sala operativa unificata, che dovrebbe dare priorità agli interventi da effettuare, le criticità delle squadre a terra non sufficientemente attrezzate, la completa assenza di una flotta aerea regionale». Infine, ha precisato, in Italia «ciò che manca non sono i Canadair, bensì alcune flotte regionali, tra le quali quella siciliana».