Un’adesione sofferta

Tra poche ore si conoscerà l'esito delle votazioni, ma quello ricevuto dai partiti vincitori sarà "vero consenso"? In tanti, infatti, hanno espresso un voto di protesta, per la governabilità o, per così dire, utile

Poche ore prima dei risultati elettorali. Attesa, dubbi, incertezze, sguardo e orecchie ai sondaggi, spesso contrastanti. Previsioni difficili, anche per i sondaggisti, anche per chi è abituato a far miracoli con i numeri e le statistiche. Conosceremo a breve quale sarà l’assetto del nostro Paese. Sapremo soprattutto se il Parlamento che uscirà fuori dalle urne sarà in grado di garantire la governabilità. O se, come molti osservatori ritengono, saremo chiamati nuovamente al voto tra pochi mesi.

Tra poche ore inizieremo il commento al voto. Sapremo quali scelte avranno fatto gli italiani. I partiti sapranno quanti consensi avrà raccolto la loro proposta. Ma è vero consenso quello che sarà espresso dalle urne? Il grosso numero di indecisi fa ritenere di no. La scelta, per tanti, del voto di protesta, viaggia anch’esso in questa direzione. Qualunque sia il risultato elettorale, i partiti dovranno fare uno sforzo per comprendere. Non di consenso vero si tratta, ma di consenso, in molti casi, obtorto collo. C’è chi avrà scelto la governabilità, chi il voto di protesta, chi avrà deciso il “voto utile”, chi il voto ideologico. In molti casi, per tanti, non sarà un voto convinto che porta con se la scelta di una prospettiva politica, di un progetto reale per il paese.

Che i numeri non illudano chi ha costretto gli elettori ad andare al voto con una legge che non rappresenta la volontà di chi vuole essere protagonista della democrazia. Dopo il voto, che ci ha permesso solo di avvalorare con un segno un organigramma elettorale pensato dai vertici, non bisogna correre il rischio di considerare il voto consenso reale. Dietro ogni croce tracciata sulla scheda c’è un voto sofferto e spesso non convinto, un’adesione parziale e spesso critica. Nell’animo di tanti rimane il dubbio di un’adesione sofferta. In questa tornata elettorale, la distanza tra il Paese reale ed il Paese pensato dai partiti è ancora più profonda. Un divario. Che il prossimo Parlamento dovrà colmare. Scegliendo di guardare alla gente, ai bisogni di un’economia in recessione. Bisognerà ripartire da lì per costruire un progetto credibile e vero per un Paese che vuole tornare ad essere la casa degli italiani,  all’interno di un’Europa dei popoli.

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